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28.12.2011 14:00 di Francesco Somma   articolo letto 652 volte

© foto di Daniele Buffa/Image Sport

Il leitmotif è quello più scontato e più rigidamente professionale: “Penso solo a lavorare, abbasso la testa e vado avanti”. Facile a dirsi, più complicato a farsi, in corrispondenza di eventi che invece a buttarli giù si fa una fatica tremenda. 26 novembre, Milan-Chievo: Pato titolare, ma la fascia da capitano va a Thiago Silva, malgrado per numero di presenze spettasse all’ex Internacional: “Mi è dispiaciuto, ma sono contento sia andata ad un amico e compagno di nazionale”. Come dire: se proprio non doveva andare a me, meglio a Thiago che a qualcun altro. Lo stesso discorso vale per le critiche che Allegri non gli muove, anzi, che non giustifica nel dettaglio, come faceva Ancelotti e come è giusto, secondo il giovane di Pato Branco, che ogni allenatore faccia. Pato ha giocato con Ancelotti e Leonardo, un tecnico abile ed esperto, e un comunicatore d’eccellenza, soprattutto per i brasiliani.
Nessun sergente di ferro, nessun Fabio Capello per intenderci, nessun allenatore che lo abbia mai costretto a dare il 110% per avere un’altra occasione, forzandolo a tesorizzare al massimo 90 minuti da titolare. E forse questa inconscia lacuna influisce non poco sulle idee del brasiliano. Alle pagine del Corriere dello Sport, Pato ha affidato la propria soddisfazione per quanto di buono è riuscito a fare nel 2011, la consapevolezza di avere ancora tanto da crescere, ma soprattutto il malumore per un rapporto, quello con Massimiliano Allegri, decisamente perfettibile in termini di chiarezza e complicità.
Ma questa è storia comune tra i calciatori professionisti. Ogni allenatore ha il proprio carisma: Leonardo riusciva a farsi amici i giocatori, ma non i trofei. Capello vinceva tutto senza guardare in faccia a nessuno, Allegri non ha un carattere tenerissimo ma non è neppure un burbero impertinente, e comunque è riuscito a trionfare al primo anno di Milan. Vietato trascurare, in questa faccenda, anche il peso specifico dello spettro di Carlitos Tevez, che aleggia minaccioso sull’orizzonte del Papero. Del resto, come si fa a dormire sonni tranquilli con uno score di sole tre reti da settembre a dicembre?

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