Ringhio saluta il MIlan

Magia Milan !

“Ringrazio tutti i giornalisti per essere venuti qui. Voglio ringraziare il Milan, tutti i dipendenti, anche quelli di Milanello che sono stati fantastici, tredici anni fantastici. Era il mio sogno da bambino, ma adesso la vita continua e speriamo che non mi si abbassi l’occhio (ride n.d.r.). Io ho voglia di battagliare e far vedere che non sono morto calcisticamente. Adesso però ringrazio la società, la famiglia Berlusconi e Adriano Galliani che mi hanno dimostrato una grande stima, ma è arrivato il momento.

Ho sempre detto che non voglio essere un peso per nessuno, la società voleva che rimanessi, ma dentro di me sentivo che dovevo lasciare, lo zoccolo duro sta lasciando e anche se non è facile so che bisogna fare delle scelte nella vita…speriamo di non aver sbagliato.

Non è un fuggi fuggi è solo che quando hai dato tanto fai delle scelte. Non potevo dare più niente a livello calcistico e penso che la decisione sia giusta, mi sentivo morto dentro e non quel giocatore battagliero che poteva dare qualcosa a questa società. Cinque o sei mesi fa i progetti erano altri, non avevo la speranza di scendere in campo e i programmi erano quelli di rimanere in società a causa della malattia, ma poi le cose sono cambiate grazie alla mia caparbietà e ai dottori. Mi è tornata quella voglia di scendere in campo a battagliare, e qua penso di aver dato tutto. Non ho mai chiesto un posto sicuro, nel mio modo di pensare di sicuro c’è solo la morte. Con Leo ho sbagliato, ma mi sono preso le mie responsabilità ho capito e ho chiesto scusa. Il posto per me qui c’era, altrimenti non mi avrebbero proposto un anno di contratto.

Lascio a Milanello quello che mi hanno lasciato Costacurta e Maldini e adesso è rimasto solo Ambrosini. Mi pento amaramente delle sciocchezze che ho fatto con Jordan e Leonardo, non è stata una bella immagine.
Quello che spero però è che l’immagine da rispettare invece continui perché è nella cultura del Milan e spero che non vada a morire, anzi so già che chi rappresenta la società si sta muovendo per fare in modo che questo aspetto non vada a morire.

A chi resta dico: quando si indossa la maglia del Milan bisogna vincere. Non mi dimentico che quattro mesi fa avevo cinque o sei kg in più per colpa del cortisone, non ero in condizione di giocare e per me è stato un miracolo scendere in campo. Dentro di me sentivo che era arrivato il momento di dire basta e vedendo anche la conferenza stampa di Nesta mi sono detto che adesso toccava anche a me fare la stessa cosa.

Spero che il Milan in questo momento faccia una squadra competitiva non dimentichiamoci che non è un bel momento dal punto di vista economico, ma conoscendo i personaggi che guidano il Club faranno di tutto per mettere in campo una squadra competitiva

Ho 60 persone per che lavorano per me, ho una moglie e due figli e devo decidere con mia moglie che è il capitano della mia famiglia cosa fare in futuro. Ho delle proposte, ma devo decidere con grandissima tranquillità. Il mio sogno è indossare la maglia dei Glasgow Rangers, a 19 anni li ho lasciati per andare alla Salernitana, ero uno sconosciuto, mi hanno dato la possibilità di farmi conoscere nel panorama calcistico. La mamma di mia moglie vive sola a Glasgow sarebbe bello tornare là per un anno. Per me sarebbe una scelta di cuore, di affetto per chi mi ha dato la possibilità di farmi diventare un “mezzo giocatore” anche se so che non sarà facile. Purtroppo però i Rangers sono in amministrazione controllata e hanno debiti per 120 milioni di euro, la loro situazione è un po’ complicata. Vedremo.

Per me Carletto Ancelotti è stato allenatore, amico, papà, amante, calcisticamente parlando. Carletto è Carletto. Io per scherzo dicevo che dovevano mettere la sua statua accanto a quella di Nereo Rocco a Milanello perché è stato un grande e in quegli anni in cui ci ha allenati ci ha fatto fare il salto di qualità. Lui si toccava, temeva gliela gufassi, no non era così. Ancelotti non è stato solo allenatore era tutto, era amico, papà, tutto, è stato l’emblema del Milan di quegli anni è stato la persona da amare da voler bene e quando scendevi in campo lo facevi per lui. Quando preparava la partita non ce n’era per nessuno. Ci diceva: “voi scendete in campo che la partita ve la faccio vincere io”. Preparava la partita, con la sua sigaretta in bocca, in un modo incredibile.

Non posso dimenticare l’anno scorso con Allegri, abbiamo fatto una grandissimo campionato e lui mi ha dato la possibilità di scendere in campo. Parliamo di due persone totalmente diverse anche perché la storia di Ancelotti è diversa da quella di Allegri.
Carlo conosceva già l’ambiente ed era uno spogliatoio molto più semplice dello spogliatoio di adesso.

I miei compagni sono rimasti un po’ delusi, io non ho parlato con nessuno era una cosa che dentro di me bolliva da un mese ed era giusto che ne parlassi prima con la società e poi con loro. In questi anni mi hanno sopportato perché penso di essere pesante e pignolo, io sono calabrese …

Sentirmi dire che sono importante per lo spogliatoio mi ha fatto sentire come se fossi un gagliardetto, ci mancava solo che mi mettessero nelle mani del capitano della squadra avversaria…io sento che posso ancora battagliare. All’Inter e la Juve non andrei mai per l’amore che ho per questa società e per la storia che ho scritto e poi perché non mi vogliono loro, ma sicuramente io non ci andrei mai.

Lunedì comincio l’avventura a Coverciano per quattro settimane e la metto nel cassetto per fare il corso da allenatore di seconda e terza.

Dopo la finale persa nel 2007 contro il Liverpool ho visto Gesù Cristo e la Madonna, avuto gli incubi per cinque o sei mesi, la vittoria più bella è quella del 2003: battere l’Inter in semifinale e la Juve a Manchester è stato più di una Coppa, erano momenti belli quelli per il calcio italiano”.

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