Sic…transit gloria mundi

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MILANO.

Cari Fratelli Rossoneri,

La Signora con la falce ha voluto per se la vita di un ragazzo di 24 anni di professione motociclista di nome Marco, Marco Simoncelli. Ne scrivo perchè, pur non avendo mai avuto la fortuna di conoscerlo, mi pare di aver perso un amico; una di quelle persone a cui telefoni quando sei giù e  hai bisogno di sorridere, con le quali vai a bere una birra per passare una serata serena, vera e senza formalità.

Quell’aspetto davvero inusuale: un pennellone secco, secco con una capigliatura esplosiva fatta da un’enorme sfera di capelli ricci, un bel naso importante, un’espressione stralunata da chi si è appena alzato dal letto, una voce da cartone animato e uno sguardo buono, pulito, un poco timido ma con una luce brillante negli occhi.

Occhi che diventavano di brace quando saliva su quel bolide a due ruote, mani come tenaglie che domavano motori con 250 cavalli di potenza, grinta da vendere e la vittoria come unico traguardo possibile. Un’irruenza, a volte eccessiva, che stava limando piano, piano trasformandola in classe pura che l’avrebbe sicuramente portato sul quel gradino più alto del podio, quel metro quadrato che tanto aveva agognato.

Il destino bastardo se l’è portato via in modo talmente beffardo da non sembrare vero, il suo cavallo d’acciaio impazzito traccia una traettoria che sfida le leggi della fisica e il corpo del povero Marco in completa balia del fato viene travolto da Colin Edwards e, come solo Shakespeare avrebbe potuto immaginare, riceve il colpo di grazia dal suo più grande amico di pista: Valentino Rossi.

Il corpo inerme scivola sull’asfalto ed il casco rotola come una pietra lanciata distrattamente, poi un silenzio assordante che sa già di condanna. Nei box il volto stravolto e piangente di Vale e, fuori dalla clinica, il dolore più potente e profondo che possa provare un genitore scolpisce impietosamente il volto del padre. Ammetto senza vergogna alcuna di non aver trattenuto le lacrime.

Certo chi gareggia su di una moto che viaggia a più di300 km/hsa che la morte gli siede accanto ad ogni prova, ad ogni giro, ad ogni gara ma i piloti sono gli eletti, coloro i quali osano sfidare gli dei; per farlo occorre un coraggio e capacità quasi inumane, doti che spesso noi “normali” diamo per scontate, ma che non lo sono affatto.

Il Sic se n’è andato troppo presto, gli rimanevano ancora tante gare, tante sportellate e, ne sono sicuro tante vittorie…ha avuto la fortuna di rendere la sua più grande passione un lavoro e ci ha lasciati facendo la cosa che più preferiva, (“gnocca” a parte, immagino).

Ogni volta che vedevo apparire Marco sul teleschermo riusciva a donarmi un sorriso, come si fa a non volere bene ad uno così…nella mia mente rimarrà sempre l’immagine di una persona solare, gioviale, buona, sorridente, scanzonata. Un bel ragazzone sano, semplice, dotato di una naturale simpatia, una vera rarità in questo mondo pieno zeppo di esseri meschini.

Un leone col cuore d’oro e milanista….ciao Marco fai buon viaggio.

Da sempre e per sempre Forza SIC!!!!

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