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KIEV.
La delusione negli occhi di Mario Balotelli fotografa alla perfezione lo stato d’animo di una nazione che, molto probabilmente, non sperava di arrivare fino a qui alla vigilia, ma ora, ad un passo dalla vittoria finale, un po’ aveva iniziato a crederci. Niente da fare, l’Italia deve inginocchiarsi di fronte alla Spagna che vince il suo terzo trofeo internazionale consecutivo e consegna definitivamente questa generazione di giocatori alla storia del calcio.
Il 4 a 0 maturato sul campo pareggia il record di gol segnati in una finale internazionale. Una curiosità: allora si trattava del Milan di Capello, squadra italiana, che infliggeva un memorabile 4 a 0 ai superfavoriti del Barcellona, squadra di club spagnola; Atene 1994. E se questa Spagna ha un’anima fortemente catalana, possiamo parlare di vendetta, o di legge del contrappasso.
Ci sono fondamentalmente due motivi per il quale la finale che tutti ci aspettavamo non è andata in scena; vediamo di analizzarli singolarmente.
L’ASPETTO PSICOLOGICO
Componente fondamentale quando giochi partite ad un certo livello. Sin dai primi minuti di gioco si è capito che la Spagna è scesa in campo con una mentalità differente. Più abituata a giocare certe partite, ha subito gestito la pressione con personalità e iniziato fin dalle prime battute a macinare il proprio gioco. L’Italia di contro è apparsa contratta e ha dato subito l’impressione di non essere in grado di replicare le prestazioni fornite nelle precedenti sfide: ciò anche in conseguenza della scarsa forma fisica, aspetto che analizzeremo più avanti.
C’è da dire che sotto questo punto di vista, le colpe degli azzurri sono limitate, e vanno estese per la maggior parte ai nostri grandi club: tutti gli effettivi spagnoli infatti, e gran parte delle riserve, giocano in squadre che affrontano la Champions League e sono quindi abituati da molti anni a gestire situazioni di pressione analoghe. Di contro l’Italia aveva molti interpreti che giocano in squadre minori o hanno comunque scarsa esperienza internazionale: Balzaretti, Barzagli, Montolivo, Nocerino e molti altri sono diventati oggetto dei desideri di grandi club troppo tardi nella loro carriera o, peggio ancora, si ritrovano ancora a giocare in squadre che non partecipano a nessuna competizione internazionale. Serve quindi una svolta su questo versante se vogliamo consegnare alla nostra rappresentativa giocatori maggiormente in grado di affrontare partite a questi livelli.
L’ASPETTO FISICO
Inutile girarci intorno: l’Italia di ieri sera era sulle gambe. Alla vigilia avevamo detto che De Rossi e Marchisio sarebbero stati i giocatori chiave dell’Italia: ebbene, entrambi, sopratutto lo Juventino, non sono riusciti ad avere lo stesso impatto sulla partita che hanno avuto nelle precedenti comparizioni. Non cerchiamo una scusa di questo nei differenti giorni di riposo [uno] a disposizione delle due nazionali: ricordiamo che anche la Spagna, come la nostra nazionale, ha affrontato un supplementare nel proprio percorso verso la finale, dunque i minuti giocati sono praticamente gli stessi.
A nostro avviso la responsabilità di questo crollo fisico inatteso sono da ricercare in diversi aspetti: prima di tutto, il gioco della Spagna come detto a più riprese è meno dispendioso di quello di altre squadre. Il sistema cosiddetto del tiki taka stanca meno i propri interpreti: l’Italia invece per esprimere la propria idea di calcio, vista chiaramente contro la Germania, deve correre molto di più e quindi star bene fisicamente. E’ probabile che quindi l’Italia abbia pagato lo sforzo di essere arrivata fin qui. In questa direzione, se vogliamo trovare una responsabilità in capo al nostro CT, potremmo ravvisarla nello scarso turnover attuato: molti effettivi hanno giocato tutte le partite di questo Europeo, con il risultato che tanti elementi convocati hanno totalizzato pochi minuti oppure non sono mai scesi sul terreno di gioco. Pensiamo sopratutto a Nocerino e alla stagione fantastica di cui si è reso protagonista, ma sappiamo bene che quando costruisci una squadra basandoti su determinati interpreti è sempre molto delicato modificare gli equilibri trovati sostituendo giocatori chiave [in questo caso Marchisio e De Rossi].
Ecco che allora attribuiamo un solo vero errore a Prandelli ieri sera: schierare dal primo minuto Giorgio Chiellini. Il difensore livornese ha provato fino all’ultimo ad essere della partita, ma evidentemente non era al 100%; Prandelli considerando anche le rassicuranti prove disputate da Balzaretti in questo torneo, non lo doveva rischiare. Il primo gol della Spagna è scaturito da un lancio sulla sinistra, favorito dallo spazio concesso da Chiellini, il quale non riusciva a rientrare dopo aver abbandonato la propria posizione per aiutare la costruzione della manovra. Inoltre in questo modo Prandelli è stato costretto ad effettuare il primo cambio dopo 20 minuti, in quanto Chiellini ha dovuto arrendersi prematuramente. Se a tutto questo aggiungiamo anche la sfortuna dell’infortunio occorso a Thiago Motta dopo pochi minuti dal suo ingrasso in campo, il quadro è completo. Ma da questa partita l’Italia come deve uscirne? Affranta e delusa, oppure speranzosa per il futuro?
Noi optiamo per la seconda possibilità. Ieri sera non si è vista Italia-Spagna; la sfida tra le due nazionali più verosimile è stata quella vista nel girone: ieri sera è andata in scena la copia sbiadita di questa nazionale. Riteniamo che quindi Prandelli debba essere soddisfatto di quanto visto sui campi di Polonia e Ucraina, e disponga di una buona base per lavorare in vista del mondiale in Brasile. De Rossi ormai gioca da veterano, mentre Marchisio e Balotelli sono due colonne attorno al quale ritoccare un impianto che, facendo tesoro anche di questa esperienza, riteniamo possa presentarsi all’appuntamento più atteso tra un paio d’anni recitando ancora una volta un ruolo da protagonista.
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Post Originale:
Spagna-Italia, la differenza era nella testa e nelle gambe