SPECIALE GATTUSO – Amore e passione, trionfi e sganascioni, gioie e ciofeche: questo è Ringhio!

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© foto di Giuseppe Celeste/Image Sport

Una vita da mediano per Gennaro Gattuso, sempre li, li nel mezzo (citando Liga), spesso a destra, di tanto in tanto anche a sinistra, nei vari centrocampi a tre disegnati nel tempo da Ancelotti prima e Allegri dopo. Dal settembre 1999, mese del suo esordio con la maglia del Milan, al maggio 2012, epilogo di una storia d’amore nata senza tanti squilli di tromba.
Mancherà a tutti, Rino: il suo scatto dal tunnel prima di ogni partita, la sua contagiosa carica, le sue fughe chilometriche subito dopo un gol, per andare a festeggiare li, sotto la Curva Sud, cuore di un tifo sanguigno, umano, proprio come lui, fuoriclasse genuino, umile, del popolo. Il combattente venuto dalla Calabria, si è fatto Campione, lui che nei piedi non ha mai avuto la fantasia, lui che ce l’ha fatta, anche quando gli altri dubitavano.
Tredici stagioni in rossonero, quattrocentosessantasette presenze complessive (sesto milanista di sempre), undici reti (o ciofeche, per dirla alla sua maniera), soprattutto dieci trofei, dieci indimenticabili gioie, vissute da protagonista, sempre in trincea, sempre li, li nel mezzo. Gennarì non ha saltato una finale, nella buona o nella cattiva sorte: c’era a Manchester e ad Atene, ma anche a Istanbul. Era in Giappone sia nella sconfitta che nella vittoria contro il Boca. Ha sudato, giocato e vinto le due Supercoppe Europee di Montecarlo, così come ha sudato, giocato e vinto le due Supercoppe Italiane contro Lazio e Inter, ma perso quella contro la Juventus, disputata negli USA.
Ha unito lo spogliatoio, mandato al diavolo chi meritava di andarci, distribuito emozioni e… amorevoli ceffoni, a destra per Ancelotti e a manca per Lippi, i due allenatori che, forse più di ogni altro, hanno realmente creduto in lui. Personaggio sempre e comunque, di peli sulla lingua neanche l’ombra, Gattuso ha saputo ritagliarsi il suo spazio, sgomitando ma volando basso, incidendo ma evitando i piedistalli. E’ caduto ma si è rialzato, come nella passata stagione, tornando prepotentemente sotto i riflettori e mettendoci del suo nella conquista del diciottesimo Scudetto milanista. Quest’anno, un nuovo tormento: prima la paralisi al sesto nervo ottico, poi una miastenia oculare, il tutto nel giro di pochi messi. Una botta che avrebbe steso un bufalo ma non certo lui, l’atleta per antonomasia, Ringhio (non a caso) per gli avversari, semplicemente Rino per gli amici.
Quel suo carattere da testone, non gli ha risparmiato qualche figuraccia: dal coro indirizzato a Leonardo, alle legnate con lo squalo Jordan, l’ignoranza (come l’ha definita lui) gli è partita più di una volta. Le scuse, però, sono sempre arrivate, sincere, puntuali, vere, perché dietro quel volto barbuto e imbronciato, dietro quella chioma alla Mel Gibson (in Braveheart), si nasconde uno spirito allegro e simpatico, dentro quel corpo da gladiatore, batte un cuore leale, sportivo, signorile.
Campione d’Europa, del Mondo (sia con il club che con la Nazionale) e d’Italia, Gattuso ha vinto proprio tutto, riuscendo li dove molti altri hanno fallito. Dopo ogni trofeo, giù con gli sganascioni, con Ancelotti e Lippi (come detto) autentici sparring partner. Gag e siparietti, il tutto condito da una grossa dose di risate. Ma gli anni, purtroppo, sono volati, così come i trionfi: domenica il pubblico di San Siro, il suo pubblico, gli dedicherà il saluto che merita, dopo tredici anni di passione e amore, culminati in un colloquio con Galliani, durato circa un’ora. L’amministratore delegato ci ha provato ma non ha insistito, anche perché sarebbe stato impossibile convincere un uomo come Gattuso, che aveva già preso una decisione definitiva.
Lascia così, Rino, ma non è un addio, semmai un arrivederci: “Non andrei mai alla Juventus e all’Inter”, questa è l’unica certezza. Per il resto, non ha ancora deciso cosa fare: giocherà forse ancora un anno, magari all’estero (Glasgow è nel suo cuore), prenderà lezioni da allenatore e poi, ne siamo certi, tornerà, perché il Milan, oggi più che mai, è la sua casa e lo sarà per sempre. 
 

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