Thiago Silva: il Barça chiama, il Milan "ascolta". Abate, i jolly son finiti. Mercato: ecco su cosa puntare. Il dramma degli abbonamenti

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Giornalista pubblicista, vice-direttore di MilanNews.it. Corrispondente e radiocronista per Radio Sportiva. Redattore di TMW Magazine. Opinionista per Odeon TV e Radio Radio. Inviato al seguito della squadra. Twitter:@PietroMazzara.

09.05.2012 00:00 di Pietro Mazzara   articolo letto 1855 volte

© foto di Daniele Mascolo/PhotoViews

Smaltita la delusione per uno scudetto che poteva rimanere ancora su quelle maglie e che, invece, ha preso la strada di Torino, in casa Milan è arrivato il momento di tirare le somme di una stagione disgraziata sotto il punto di vista fisico. Lo sfogo di Zlatan Ibrahimovic, vera bocca della verità dell’ambiente milanista, ha fatto capire che qualcosa che non va, dentro la struttura tecnico-atletica della squadra c’è. Il dato allarmante che lo svedese, in maniera molto oculata, ha sollevato è quello degli infortuni. E’ preoccupante constatare che tutti i membri della rosa della Prima squadra hanno subito almeno uno stop di qualsivoglia natura, il 95% di questi di tipologia traumatica o muscolare con tempi di recupero importanti e, a volte, oltre i limiti anche annunciati dagli stessi protagonisti. L’esame dell’annata dovrà ripartire da qui, per capire se il metodo di lavoro di Daniele Tognaccini è ancora valido e se la preparazione che vuole Allegri sia adatta a una rosa che deve avere degli standard di qualità medio-alti per tutta la stagione e che non si può permettere di regalare un mese ad ogni inizio di campionato. Si, un mese, 5 partite nelle quali, in questa stagione, il Milan ha fatto solo cinque punti e nei quali si sono persi punti sanguinosi e, alla luce della matematica, letali per la lotta allo scudetto. Se a tutto questo ci aggiungiamo il fatto che il Milan è stato incapace di vincere un solo scontro diretto contro Juventus, Inter e Napoli portando a casa 2 pareggi e 4 sconfitte, incassando 11 gol e facendone appena 4, beh allora vuol dire che anche a livello tecnico c’è qualcosa da cambiare.

Circa a metà stagione chiedemmo a Massimiliano Allegri in conferenza stampa, insieme ad altri colleghi, come mai il Milan non sappia giocare con un modulo diverso dal 4-3-1-2 e, soprattutto, di non avere un cervello pensante a livello d’impostazione della manovra. Il Milan di Max Allegri offensivamente parlando, è la squadra che ha meno giochi, meno situazioni dinamiche delle squadre di vertice. Assente Cassano per i noti problemi, Zlatan Ibrahimovic ha dimostrato d’essere un cecchino incredibile ma che necessita di giocare con giocatori che parlino la sua lingua calcistica. Il tridente che lo svedese compone con Boateng e Cassano è quello che, più di tutti, ha dato grattacapi e fatto spettacolo rispetto alle altre soluzioni a disposizione dell’allenatore toscano fermo, parliamo sempre a livello tattico, ad un’idea di calcio che ha demineralizzato la filosofia del Milan e che ha indotto Silvio Berlusconi a quella sfuriata durante Milan-Barcellona. Con un Montolivo in più e qualche muscolare in meno in mezzo al campo, il rombo di centrocampo potrebbe tornare ad assomigliare a quello vincente di Carlo Ancelotti. Inoltre, e lo dico con spirito critico, c’è da mettere anche un po’ in discussione il ruolo di Ignazio Abate all’interno dell’undici iniziale. Il terzino destro rossonero, in tre anni, non ha inciso in fase offensiva come ci si aspettava. Non crossa in maniera precisa, non attacca il fondo come dovrebbe fare un’ex ala e, soprattutto, non ha messo un solo pallone alle spalle dei portieri avversari. Igno, in fase difensiva, è cresciuto tanto e quella prestazione maiuscola contro CR7 gli ha fatto guadagnare molta credibilità che davanti a Diego Milito, da 3 campionati in qua, crolla puntualmente. Per il prossimo anno, che sarà il quarto su quell’out, ci si aspetta molto di più anche perché il piccolo De Sciglio ha dimostrato, nelle tre occasioni avute, d’avere quantità e qualità e di non vedere l’ora di poter giocare con continuità.

Non ci dobbiamo aspettare un mercato scoppiettante da parte della società. Il tifoso medio vuole che il club si metta a spendere soldi a palate ma la situazione è tremendamente diversa. Il Milan sta attuando una politica precisa, ormai nota, condivisibile (in pochi casi) o criticabile. Anche Adriano Galliani, in fondo, si mangia le mani nel dover spulciare i contratti in scadenza di giocatori medio-buoni senza aver la possibilità di spendere soldi sonanti per, invece, comprare quelli che in realtà servono per far si che il Milan torni ad alti livelli in Europa. Quei pochi soldi che ha a disposizione, però, l’AD rossonero dovrà stare molto attento a come spenderli. Andare a pagare 2 milioni di euro il cartellino di Gaby Mudingayi è un errore da non commettere perché, a questo punto, tanto vale puntare su un giovane come ha dimostrato Mattia De Sciglio perché di ragazzi di valore, nel nostro settore giovanile, ce ne sono. Il Barcellona tenta Thiago Silva. Un emissario del Milan è stato in Catalogna per ascoltare la proposta dei blaugrana che, al momento, non è stata ritenuta idonea.

La mancanza di trofei, e qui arrivo al tasto dolente di questo editoriale, sarà rappresentata dalla campagna acquisti. Il tifoso milanista, sempre più spesso, si è distaccato da San Siro e le ultime campagne abbonamenti non sono state per nulla soddisfacenti a livello di numeri. I problemi economici e il minimo, seppur progressivo, aumento dei prezzi imposti dal club agli abbonamenti sono alcune della cause di questo ma la verità risiede anche nel fatto che la meteoropatia del tifoso milanista, dovuta alle vittorie e/o al mercato porta a scene inimmaginabili fino a qualche anno fa quando il Milan lo si sentiva proprio. Il rischio scempio è dietro l’angolo, la speranza è quella di non vedere dati da mani nei capelli durante l’arco di questa estate e che il tifoso occasionale, quello che potrebbe ma non fa, diventi un fenomeno sempre inferiore ma questo, credo sinceramente, che sia utopia. Per evitare tutto questo si potrebbero perseguire delle strade inerenti forti agevolazioni agli abbonati sul merchandeising (aumentando così questa voce a bilancio), oppure scontando l’abbonamento della Champions a chi lo acquista insieme a quello del campionato o nello stesso posto. L’econimia creativa è anche questa.

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