Non si giudica da questi particolari un giocatore: figuriamoci, quindi, una squadra intera, che peraltro ha una lunga lista di problemi da risolvere. Resta il fatto che domenica 11 novembre, quando al 35′ del primo tempo Andrea Romeo indicava il dischetto in seguito al contatto tra Roncaglia e Pato, molti tifosi, sugli spalti e a casa, devono essersi chiesti a chi sarebbe spettato calciare la massima punizione. Lo stesso quesito, con ogni probabilità, occupava le menti degli undici rossoneri in campo, nessuno dei quali, prima d’ora, si era presentato dagli undici metri da giocatore del Milan (considerando solo gare ufficiali).
Non c’era in campo, infatti, Ibrahimovic. E nemmeno Cassano, Ronaldinho, Borriello, Huntelaar, Kakà, Pirlo, Oddo. Insomma tutti coloro che, dalla stagione 2007-2008 fino allo scorso maggio, avevano battuto i calci di rigore rossoneri in gare ufficiali: spesso segnando, a volte sbagliando (9 errori su 55 tentativi: circa il 16%).
Quando poi Pato, dopo la rincorsa, ha scagliato la palla nello spazio, andando a colpire Felix Baumgartner e venendo iscritto d’ufficio al club di cui Sergio Ramos è il presidente onorario e Neymar ha preso da poco la tessera, i milanisti si sono ricordati che un rigore si può anche sbagliare. Normale che se lo fossero dimenticati, visto che l’ultimo errore risaliva a più di due anni prima, per la precisione all’11 settembre 2010. La partita era il famoso Cesena-Milan 2-0, quello con l’arbitro Russo di nome e sovietico di fatto (almeno secondo il presidente Berlusconi): Zlatan Ibrahimovic, alla sua prima gara in rossonero, aveva mandato il pallone a sbattere sul palo alla sinistra del vecchio Antonioli.
Primo errore ma anche ultimo: lo svedese, nelle sue due stagioni, avrebbe trasformato tutti gli altri penalty concessi mentre lui era in campo, lasciando che fosse Cassano ad occuparsene in sua assenza (in occasione del derby vinto 3-0, con tanto di esultanza in grande stile, e contro gli ex compagni della Sampdoria). A segno tre volte dal dischetto nella stagione dello scudetto (da ricordare soprattutto quello contro l’Inter di Benitez), Ibra si supera nella stagione 2011-2012: dodici rigori e dodici gol tra campionato e Champions League. Un cecchino che neanche Vasilij Zajcev, freddo quanto basta per non farsi confondere dallo Julio Cesar di turno.
Anche prima di Zlatan, pur con qualche errore in più, le gerarchie erano definite. Una volta c’era Kakà, con Pirlo (anni prima rigorista principe) pronto a subentrare e il buon Massimo Oddo come soluzione d’emergenza (chiamato a punire, da ex senza pietà, proprio la Lazio il 1° marzo 2008); Ronaldinho, arrivato nell’estate 2008, si limita inizialmente a raccogliere gli avanzi del 22 per poi diventare l’uomo dei rigori nel Milan di Leonardo. Segnando, sbagliando qualche volta (come nel derby del gennaio 2010, con il brasiliano accusato di aver festeggiato troppo le notti precedenti) e sapendo anche essere generoso: come quando, in un pirotecnico Milan-Genoa, dopo essersi fatto parare un rigore da Amelia e averne trasformato un altro, decide di cederne un terzo a Beckham. L’inglese, che è un signore, lo cede a sua volta a Huntelaar, che rende onore al soprannome di Cacciatore.
Ma torniamo al presente e a Pato che, pur non avendo grande esperienza in fatto di rigori (transfermarkt ne ricorda uno nel campionato brasiliano ed un altro, più recente, in amichevole contro la nazionale svedese), si avventa sul dischetto. Secondo Il Giornale anche Montolivo avrebbe voluto provarci, ma il brasiliano era deciso e ha pure confermato che ci riproverà in futuro. Ma, oltre al papero e all’ex Fiorentina, chi avrebbe potuto provarci?
Pochi, almeno tra quelli in campo in quel momento. I tiratori scelti, ha rivelato in seguito Allegri, sono tre: Pazzini, che in carriera (lasciando perdere questo esilarante fallimento) in effetti ha accumulato qualche gol dagli undici metri e ha realizzato il primo rigore di questa stagione a Bologna; Robinho, che ogni tanto si è cimentato, pur avendo spesso avuto qualcuno davanti a lui (Elano al Manchester City ed i vari Ronaldo, Raul e Van Nistelrooy al Real Madrid); De Jong, la cui competenza dal dischetto è dubbia, anche se alcune immagini rivelano la tecnica tutta particolare dell’olandese. Tutti e tre erano, quel giorno, in panchina. E lì potrebbero tornare a sedersi anche in futuro, non essendosi finora imposti come titolari inamovibili.
Nel resto della rosa, peraltro, non sembrano esserci grandi specialisti: Constant tirava spesso dal dischetto con la maglia dello Châteauroux, nella seconda serie francese, mentre Boateng (come il connazionale Muntari) ha fatto un minimo d’esercizio in Inghilterra, segnando su rigore contro Manchester United, in Premier League, e Tottenham, in semifinale di Fa Cup, ma sbagliando nella finale della stessa competizione; Bojan può contare sulle dita di una mano i suoi, divisi tra l’Under 21 spagnola e il Barcellona (contro Malaga e Sporting di Lisbona). Volendo si potrebbe aggiungere che pure Bakaye Traoré ci ha provato qualche volta, tra coppa e campionati francesi vari, ma qui si scivola nell’aneddotica e quindi, già che ci siamo, lo sapevate che l’insospettabile Antonini ha segnato su rigore in una competizione europea? (Empoli-Zurigo 2-1, Coppa Uefa 2007-08).
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