– 10 settembre 2012Posted in: News
Il tecnico rossonero intervistato da La Stampa
Intervistato dal quotidiano La Stampa, il tecnico rossonero Massimiliano Allegri ha rilasciato una lunga intervista toccando vari argomenti: dagli addii dei senatori agli infortuni, dal mercato al campionato e non solo.
Ecco le sue dichiarazioni: “Serviva un cambio generazionale, sarò antipatico ma così va la vita. Ancelotti è stato fortunato ad allenare gente come Gattuso, Inzaghi, Nesta e Seedorf nel fior fiore della loro carriera. Anch’io avrei voluto averli a disposizione con sette anni in meno. Serve coraggio per prendere decisioni dolorose e il Milan lo ha avuto. Parlare di questi campioni continuamente è sbagliato, è una mancanza di rispetto nei confronti di chi è rimasto. Per due anni ho allenato gente che ha portato a casa coppe di ogni tipo. Si vince con i giocatori bravi, il resto sono fandonie. Non ho mai visto un allenatore far gol dalla panchina. Non si può andare d’accordo con tutti però quando scelgo gli undici penso solo a chi può farmi vincere. Poche giustificazioni per chi va in panchina? I ragazzi lo sanno: non sono il tipo che giustifica le sue scelte perché sarebbero solo prese in giro. Durante la settimana è un altro discorso. La cosa più importante è il rispetto e c’è sempre stato, con me tra l’altro hanno sempre giocato tutti. Perché non ho replicato a Cassano? Perché non ha senso, perché non serve parlare dopo, perché ci vuole rispetto e non tutto è dovuto. Spero di restare al Milan per tanto tempo ma se succederà qualcosa di diverso dirò ugualmente grazie. Sarò sempre grato a Berlusconi e a Galliani per questa esperienza. Forse risulto antipatico perché sono una persona diretta, magari avrei dovuto prenderli in giro. Nesta? Abbiamo parlato anche il giorno in cui ha annunciato il suo addio. Niente da fare, era irremovibile. Perché De Jong e non Verratti? Perché il cartellino di Verratti costava molto e quando ha scelto Parigi noi avevamo ancora Ibra e Thiago Silva. Però su questo argomento voglio dire una cosa: fino a poco tempo fa andava di moda dire che i nostri giovani sono scarsi. Adesso giocano ovunque. Per la crisi? Macchè, perché sono bravi. La frase di Berlusconi che non dimenticherò mai? “Mi colpisce il suo modo di porsi. Non è mai banale”. Rapporti con i dirigenti donna? Se si riferisce a Barbara Berlusconi, direi molto bene. Quando può viene a trovarmi a pranzo, ha voglia di conoscere e porta entusiasmo”. Invidiare qualcosa a Conte? Direi di no, anche se ha fatto un ottimo lavoro, cambiando pure sistema di gioco. La Juve e la Champions? Possono anche perderle tutte ma se noi non facciamo risultato è tutto inutile. Meglio guardare solo in casa nostra. Tabù San Siro con il sintetico? È un fatto casuale. Quando l’Inter ha pareggiato due a due con il Vaslui ho tirato un sospiro di sollievo. Se si sente la crisi fuori dal calcio? Purtroppo sì, ho tanti amici che sono dipendenti e sono preoccupati perché rischiano il posto di lavoro. Dobbiamo trovare una via d’uscita per forza. Non ci manca niente, il nostro paese ha storia, cultura e un paesaggio unico. Dopo il Milan? Non sono eterno come il Trap, voglio godermi la vita. Prima però mi piacerebbe fare un’esperienza con la Nazionale. Infortuni? Non ha senso fare statistiche adesso. Sembra che al Milan ogni giorno muoia qualcuno. Ci sarebbe da preoccuparsi se fossero tutti guai muscolari. Invece io ne conto due e mezzo perché Pato e Robinho hanno avuto due stiramenti importanti ma lo stop di Montolivo è di poco conto. Dopo la sosta Riccardo sarà a disposizione, i brasiliani invece si rivedranno il 23. Muntari si è bloccato in vacanza, Didac Vilà non si è mai allenato con noi, Strasser si è fatto male al malleolo tibiale e Abate ha avuto una distorsione. Per non incappare in infortuni traumatici c’è un solo rimedio: giocare a dama. La scorsa stagione? Il problema è stato alla fine e lì ho sbagliato non c’è dubbio. Più rischi, più ti fai male ma il gioco valeva la candela: ci giocavamo lo scudetto. Se avessimo vinto nessuno si sarebbe permesso di screditare il nostro lavoro, siamo arrivati secondi e allora distruggiamo i giocatori. Spero che tra i ragazzi non si crei una psicosi. Il rischio c’è, si parla soltanto di noi”.
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