Dalle creste ai bigodini: tanti saluti al ‘progetto giovani’

AC Milan v US Citta di Palermo - Serie A

Il luogo e l’occasione scelti per l’annuncio avrebbero dovuto insospettire. Nel dicembre 2012 Silvio Berlusconi, in piena campagna elettorale, aveva scelto il prestigioso salotto televisivo di Barbara D’Urso per annunciare la politica del Milan del futuro: salutati i tanti giocatori andati via per “limiti d’età”, il club stava monitorando “i cento giovani” che si erano messi più in luce. La squadra del futuro, in attesa del quindicenne “capace di fare canestro con i piedi” (Hoachim Mastour), sarebbe stata giovane e costruita intorno ad El Shaarawy.

Bugie belle e buone? Invenzioni propagandistiche? Eppure era un più sobrio Galliani, negli stessi giorni, a confermare: basta comprare top player, il Milan avrebbe cominciato a fabbricarli. Ribadita anche l’idea centrale dei giovani da reclutare: “siamo setacciando il mercato mondiale degli under 22, under 23, è lì che punteremo”. Dalla fattoria di Zio Zambrotta a piccoli Niang crescono.

Ecco quindi l’enfasi sul trio delle creste, con un classe ’90, un ’92 ed un ’94 a formare un freschissimo reparto d’attacco. Tanti giovani in squadra, tanti giocatori inesperti: un tasto su cui lo stesso Allegri, dopo le sconfitte così come dopo le vittorie, non ha mai smesso di battere negli ultimi mesi, elencando puntualmente, nelle interviste post-partita, il numero di teenager schierati in ogni occasione.

È passato qualche mese e, dalle belle speranze, si è passati ai buoni sentimenti, le creste hanno lasciato spazio ai bigodini, i possibili futuri campioni alle glorie di mezz’età. L’acquisto di maggiore impatto mediatico (e si spera anche tecnico), Kaká, è stato in effetti un giovane promettente: ma dieci anni fa, quando arrivò per una cifra contenuta, 8,5 milioni di euro, meno di quelli spesi per l’altro “grande” arrivo di oggi, Alessandro Matri.

Un buon giocatore, quest’ultimo, che però difficilmente, all’età di 29 anni, può essere considerato un prospetto capace di chissà quali evoluzioni, e che peraltro va ad infoltire un reparto già al completo, dove saranno in sei, una volta tornato Pazzini, a lottare per due posti. Con tanti saluti a Petagna, che agli inizi di agosto era stato definito dall’ad in-ce-di-bi-lis-si-mo, scandendo bene le sillabe quasi a ribadire meglio il concetto (il ragazzo, inizialmente, non sembra averla presa benissimo, come dimostrerebbero certi retweet subito cancellati).

Insomma, viene da chiedersi se questo setaccio usato per il mercato mondiale non sia difettoso, visto che l’unico ad arrivare dall’estero quest’estate (oltre al 22 ex Real Madrid) è Jherson Vergara, unico oltre a Saponara a rispondere anche all’altro fantomatico requisito, ovvero avere meno di 23 anni. Tutti gli altri arrivano dagli anni ’80, per un’età media dei nuovi acquisti di 25,85 anni (tralasciando la risurrezione di Coppola). E pensare che Ariedo Braida, che rimane pur sempre il direttore sportivo, continua a viaggiare per il mondo, apparentemente per visionare giocatori puntualmente acquistati da altre squadre.

Quanto alla “centralità” di El Shaarawy, giocatore asceso al ruolo di salvatore della patria e di simbolo del nuovo corso soltanto qualche mese fa, si dice ora che il Faraone debba imparare a fare la seconda punta, che dopo tutto Robinho ha più esperienza e che un po’ di concorrenza in più non potrà che fargli bene. Verissimo, El 92 non è Messi né Ronaldo e può finire in panchina come tutti gli altri: ma non sarebbe stata una idea malvagia procurare un po’ di concorrenza anche a Zapata e Montolivo.

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