di Ezio Azzollini
E’ sollazzo. E’ il sollazzo di essere quarti, è il sollazzo di ripigliare chi era dieci punti avanti, ed era “da primo posto”. E’ sollazzo per l’espressione calcistica gustata, buona, molto buona, tanto da rievocare il miglior Ancelotti, con soldati molto più semplici. E’ sollazzo per un esordio da urlo (e anche da sonora pernacchia) per la pedina elettorale evidentemente più riuscita dai tempi dell’abolizione della schiavitù di memoria lincolniana.
A tal proposito, tre chiarimenti. Uno: le promesse elettorali non segnano. L’Imu non segna. L’Imu non fa doppietta. Due: il Milan è un’azienda. Chi la gestisce può fare investimenti quando vuole, come vuole, e nelle modalità che vuole, senza dover dar conto ad alcuno che non siano i propri tifosi, soprattutto quelli abbonati. Tre: al blogger triste che dalle webpages della Repubblica armato di fazzoletto impregnato di lacrime dice “non è giusto, Berlusconi non gioca ad armi pari, ha una squadra di calcio che altri candidati non hanno”, il più lapidario dei chiarimenti. Berlusconi non “ha” una squadra di calcio per benefit divino, per scienza infusa, per uno Spirito Santo prodigo proprio con lui. Berlusconi se ce l’ha è perché l’ha acquistata, vi ha investito miliardi, e miliardi, e miliardi, a partire da quasi una decade prima di iniziare a pensare di entrare in politica. O è la strategia elettorale più masochistica della storia, o i politologi della Repubblica dovrebbero lasciar parlare di calcio ai giornalisti sportivi, a noialtri, che loro, s’occuperanno più volentieri di giornalismo “alto”.
Noi, che possiamo e vogliamo parlare solo di calcio, azzardiamo un pronostico: lassù, qualcuno è un “po’ arabiato”, per citare un altro autorevole antipatico, per questo 2-1. Per questo rigore un po’ così, per questo -12 anziché -14. La strada è lunghissima, e improba. Ma per ora, è un sollazzo, questa rabbia un po’ snob, finchè si potrà permettere d’essere snob. Noi, molto più “pane e prosciutto”, confessiamo una sensazione becera. Questi tre punti ci sembrano importanti. Pesantissimi. E non giuriamo di parlare di terzo posto. Oggi, fino al ’93, avremmo ufficialmente abbandonato qualsiasi altro ameno desiderio. Ora non cambia molto, ma la sensazione è strana. E la rabbia di chi sta su, corrobora questa sensazione. Chissà.
L’ultima postilla la merita un antipatico molto meno autorevole. “Eh, era da un bel po’ che a San Siro non vedevano cose così”, sghignazza amaro al quarantunesimo boato balotelliano dello stadio l’audace e coraggioso Beppe Bergomi, su Sky. Coraggioso, in virtù di un pomeriggio così, in quel di Siena. Può essere. Quel che è certo è che per un altro bel po’ continueranno a non vederne, cose cosi, a San Siro. Nei pomeriggi in cui ci giocherà l’Inter.
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