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Immaginate uno stato in grado di smuovere sul mercato economico-finanziario qualcosa come 2.907 miliardi di dollari. Uno Stato del genere avrebbe un PIL superiore a quello italiano e costituisce l’insieme della potenza economica dello Stato della criminalità organizzata a livello mondiale.
Una cifra spaventosa, da far girare la testa.
Gran parte di questi soldi, tutti rigorosamente in contante, girano vorticosamente all’interno dei bilanci delle grandi aziende di ristorazione e del ciclo del cemento, ma anche in quegli hedge fund che hanno innescato la crisi economico-finanziaria mondiale. I soldi riciclati, nell’acuta analisi di Pietro Grasso, procuratore nazionale antimafia e di Enrico Bellavia, cronista di Repubblica, vengono reinvestiti direttamente sul territorio mafioso, permettendo un controllo sociale da parte delle mafie mondiali, in grado di muoversi meglio e più velocemente tra le pieghe del mondo globalizzato. In questo modo ad esempio la cocaina colombiana arriva in Italia tramite l’ETA, che acquista la droga sudamericana con le armi che la camorra acquista dalle mafie dell’est. I meccanismi che attivano questi cicli sono gli stessi usati dai broker mondiali per operare sui mercati smuovendo miliardi di euro in poche ore. Le mafie utilizzano gli stessi canali dell’alta finanza per attivare la copertura e l’evasione di grossi capitali.
Purtroppo la legislazione attuale non facilita il compito degli investigatori, ma la speranza di Pietro Grasso e di chi combatte giornalmente questo nuovo modo della mafia di approcciarsi al mondo produttivo (meccanismo già osservato negli anni ’80 dal giudice Falcone) è quella di poter avere strumenti legislativi al
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I soldi delle mafie muovono il 10% dell’economia globale