Il caso Seedorf: prendere e lasciare

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Giornalista sportivo a Mediaset dove cura “Sport Mediaset XXL”. Opinionista a “Novastadio”. I suoi libri: “Soianito”, “Calcinculo”, “La vita è una”, “Sembra facile”, “L’oro di Sheva”.

02.05.2014 00:00 di Luca Serafini Twitter: @lucaserafini4  articolo letto 2444 volte

© foto di Pietro Mazzara

Potranno spiegarcela per anni, l’operazione-Seedorf diventata ora un caso senza precedenti nella gestione berlusconiana del Milan, ma non la capiremo mai. Pur vivendo la storia calcistica rossonera dal 1970 i conti non tornano, da qualsiasi lato si cominci a sommare e sottrarre, con tutta la buona fede e la buona volontà di questo mondo.

Per tentare di farlo bisogna partire dall’inizio, come facevano una volta i grandi cronisti. Berlusconi non ama Allegri: non lo conosce, non è una sua scelta, lo attacca persino punzecchiandolo per l’acconciatura, non ne condivide la filosofia, non gradisce il gioco nemmeno l’anno dello scudetto, gli rinfaccia quello perduto nel 2012. Se ne sta per liberare almeno 3 o 4 volta tra l’estate e l’inverno di quell’anno, ma gli fanno presente che l’operazione avrebbe rasentato costi per 30 milioni tra liquidazione del livornese e ingaggio del successore. Berlusconi comunque convoca ad Arcore la sua idea fissa di nuovo allenatore, Clarence Seedorf (ottobre 2012), inizia l’opera di convincimento che continua per un anno con un martellamento continuo. Non appena l’olandese si libera dalla clausola con il Botafogo e consegue il patentino per poter andare in panchina, dopo l’umiliazione di Sassuolo arriva l’esonero di uno e l’ingaggio dell’altro. L’impatto sullo spogliatoio non sarebbe stato dei migliori: secondo i più Seedorf parla molto, con eccessiva prosopopea, impone la costante presenza dello psicologo Bruno De Michelis (peraltro da almeno un ventennio assiduo frequentatore di Milanello, uomo che Ancelotti portò con sé a Londra), si mette di traverso nei confronti di De Sciglio, Montolivo e Poli – dicono per una discussione personale con il suo ex manager Giovanni Branchini, una delle persone di maggior spessore mai conosciute nel calcio degli ultimi 30 anni e che era anche amico personale di Clarence – finendo col non avere molta simpatia nemmeno per Abbiati, Bonera, Abate (gli italiani insomma) che se ne lamentano più o meno sommessamente. Tutto questo bailamme non gli impedisce di fare più punti in meno partite di Allegri e di azzeccare un filotto di 16 punti in 6 partite, dovendo ricordare ai detrattori (“Contro avversari inconsistenti, alla prima partita vera è stato travolto dalla Roma”) che in quello stesso filotto all’andata il suo predecessore non ne aveva fatti nemmeno la metà. Con un ipotetico ammutinamento o la presunta congiura del resto i risultati avrebbero poco che spartire…

Nonostante questo, si scatena il concerto dell’esonero molto ben pilotato e mai nemmeno smentito né da Galliani né da Berlusconi, irretito da un report imposto e redatto ai suoi collaboratori, in cui a Seedorf si contesta persino la colazione in camera a base – se non andiamo errato – di uova e bacon. O uova e prosciutto. Quale sorpresa? Seedorf fu quello che da giocatore chiese e ottenne una tavola apparecchiata tutta la notte nelle sale di Milanello per i suoi attacchi di fame notturni, appunto. E non solo i suoi.

Report e pettegolezzi convincono Berlusconi già a marzo (possibile, dopo soli 2 mesi da una scelta che ha perseguito, conquistato e inizialmente difeso?) a cambiare rotta. Ma i risultati, che pure smentiscono clamorosamente questo quadro così orrendo dell’uomo, dell’allenatore e del suo modo di gestire la squadra, frenano gli appetiti di esonero del presidente e dell’orchestratore della stampa, il quale evidentemente era più a suo agio con Allegri nel trombare le icone e reperire le improbabili controfigure che non con un tecnico autonomo, ambizioso e voluto dalla proprietà. Giochino semplice, giochino al massacro dove persino un’intervista ai grandi alleati televisivi (Gazzetta e Sky, da anni figlio prediletto del club rossonero nonostante i marchi a fuoco su molte mucche di Mediaset) diventa “non autorizzata” facendo gridare allo scandalo.

I tifosi assistono sconcertati: c’era una volta una società milanese che esonerava il suo allenatore nel giorno in cui ritirava un premio subito dopo un doppio trionfo sul Real Madrid e sulla Salernitana rivelazione. Oggi ce n’è un’altra (3 soli esoneri in 28 anni) che si stanca della sua prima scelta dopo soli 60 giorni, per di più con nel carniere una striscia positiva che ha riportato la squadra a ridosso del gruppetto Europa League. Che non conquisterà certamente non per il cammino sostenuto dall’avvento di Seedorf.

Potranno spiegarcela per anni, l’operazione-Seedorf diventata ora un caso senza precedenti nella gestione berlusconiana del Milan, ma non la capiremo mai.

Altre notizie – L’editoriale

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Potranno spiegarcela per anni, l’operazione-Seedorf diventata ora un caso senza precedenti nella gestione berlusconiana del Milan, ma non la capiremo mai. Pur vivendo la storia calcistica rossonera dal 1970 i conti non tornano, da qualsiasi lato si cominci a sommare e sottr…

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