Il Milan e la sindrome da scontro diretto: con le big è un disastro

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Molti, alla vigilia di una trasferta delicata come quella di Firenze, avrebbero firmato per un pari. Un risultato tutto sommato positivo, buono per tenere a distanza di sicurezza i viola con una giornata in meno sul calendario. Sarebbe stato così se, al minuto diciassette della ripresa, il Milan non si fosse ritrovato sullo 0-2 e in superiorità numerica. Qui cessano di esistere le ipotetiche firme sul pari e cominciano – ahinoi – i rimpianti. Un’occasione persa, buttata via, sprecata in malo modo, aldilà dello scempio arbitrale griffato Tagliavento, il fischietto abbonato alle partite decisive dei rossoneri. Tornando al campo e alla prestazione di Balotelli e compagni, si conferma un significativo dato, che ha fin qui fatto la differenza in negativo nella stagione del Milan: questa squadra, a quanto pare, numeri alla mano, soffre di una strana sindrome da scontro diretto. Nei match contro le prime otto della classe, infatti, i ragazzi di mister Allegri hanno racimolato la miseria di due vittorie contro Juventus e Lazio, poi solo pareggi, sconfitte, beffe e amarezze. Doppio ko all’Olimpico, contro gli stessi biancocelesti e la Roma, figuraccia in casa proprio con la Fiorentina, pari in rimonta al San Paolo e abbuffata di bile nei derby di andata e ritorno (0-1 e 1-1), per un totale di soli 9 punti sui 27 disponibili. Insomma, un filotto o, meglio, uno score non certo invidiabile, che ha di fatto scavato il solco in classifica con la Juve padrona del campionato e, inizialmente, con il resto del gruppone, prima dell’incredibile rincorsa, arenatasi proprio sul più bello, oggi al Franchi contro Aquilani e soci. In soldoni, tutto liscio fino al solito – Dio ce la mandi buona! – scontro diretto, che, sistematicamente, sporadiche eccezioni a parte, si traduce in delusione. Ma da cosa deriva questo malessere da big match? Certamente, da una cattiva gestione della situazione e, soprattutto, del pallone, come più volte rimproverato dal presidente Silvio Berlusconi. E qui, la serpe si insidia in mezzo al campo. E’ evidente la carenza di piedi buoni sulla linea mediana (il solo Montolivo non può certo bastare), con conseguente scarsa capacità di palleggio. Nei momenti topici, soprattutto contro avversari di livello, il pallone gira poco e male, con l’intero reparto che, preda della frenesia, va in crisi se pressato alto e preso in velocità. Ma c’è anche il fattore psicologico, della personalità, dell’approccio: manca quel pizzico di malizia e di cattiveria agonistica tipica delle grandi squadre, in grado di fare la differenza in certi frangenti. Anche oggi, nella ripresa, il Milan sembrava appagato, sgonfio, quasi sicuro dei tre punti, per certi versi presuntuoso nel modo di stare in campo, sonnecchiando in attesa del novantesimo, forte di un doppio vantaggio e dell’uomo in più. Così non è stato, anche se, come detto, Tagliavento ci ha messo del suo, ma in vista delle prossime due sfide (con Napoli e Juventus) le preoccupazioni aumentano. Ora più che mai, dunque, serve una vera e propria inversione di tendenza.

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