Yatta!
Come Hiro Nakamura di Heroes teletrasportatosi a New York, come i gatti di Haruki Murakami spaparanzati nelle librerie d’occidente, come Mark Lenders che va a Torino a goder delle veroniche di Zinedine Zidane; Keisuke Honda ce l’ha fatta, perché una decadente Serie A è meglio dei rubli moscoviti, perché il rossonero griffato Sacchi ha fatto la storia dalle parti di fiori di ciliegio e terremoti, e pazienza se Cerezo e Chilavert hanno fatto qualche scherzetto a Capello, il Milan in Oriente c’era. In questi giorni si trova proprio a Tokyo Keisuke, ripetute, test atletici, allenamento mirato, anche se il 6 gennaio Allegri vedrà il suo nuovo numero 10 soltanto in tribuna nel match contro l’Atalanta: l’Epifania non si festeggia in Giappone ed unicamente lo Shogatsu (capodanno nipponico) separa Honda dall’erba di San Siro, ma crediamo che il giapponese biondo che fa impazzire il mondo non esagererà con alghe e purè di patate dolci e castagne, figurarsi col sake. Dalle parti dell’imperatore è facile ascoltare di questi tempi, com’è da tradizione, la Nona del Ludovico van prima dei 108 rintocchi che simboleggiano i peccati originali nella fede buddista, in zona Venaria pare siano 31 (sul campo), a Milanello invece 109, colpa dei 12 milioni spesi per Alessandro Matri, che non si paga da solo, come Keisuke.
IL LAUREATO – Sliding doors (o forse dovrei utilizzare il termine shoji, per restare platonicamente con gli occhi a mandorla): correva il gennaio 2012, il mercato invernale impazzava e Sports Nippon l’ha appena sparata: “il PSG offre 14 milioni per la stella del CSKA Mosca”, non se ne farà nulla, ma il 31 gennaio, stesso anno, si fa sotto un’altra pretendente, stavolta italiana. È la Lazio di Lotito, che cede in fretta e furia Cissé al QPR e Carrizo all’Inter (al fine di liberare uno slot da extracomunitario) per l’oneroso sbarco del giapponese (12 milioni circa più bonus). Poi l’affare sfuma ed Honda resta saldamente nelle mani della squadra dell’esercito. Nato il 13 giugno 1986 e laureato alla Seiryo High School di Kanazawa, dove ha insegnato a molti universitari a calciare i corner (che sia questo il motivo per cui il Milan…), Keisuke muove i primi passi nel pallone tra Settsu e Gamba Osaka prima di finire alle orche del Nagoya Grampus, già allenati da Queiroz ed Arsène Wenger. Dopo aver sfiorato le cento presenze in J. League 1, Keisuke finisce (grazie a Sef Vergoossen) sul taccuino di un club che dopo di lui tessererà altri tre calciatori nipponici (Yoshida, Cullen, Otsu) e diverrà il primo team olandese a vantare una versione giapponese del proprio sito ufficiale, il VVV-Venlo: chi prova Sole (Levante) non lo lascia più.
Honda con la nazionale giapponese (Getty Images)
KEIZER KEISUKE – Nonostante la lettura di The UnDutchables, i primi mesi olandesi sono piuttosto traumatici, e non per l’astinenza da Washlet, l’ultra-tecnologo WC giapponese con tavoletta riscaldata, possibilità d’attivare getti d’acqua per bidet istantanei o far partire canzoni, utili forse a mascherare accompagnamenti musicali più simili a bombardamenti. Nell’Eredivisie 2007/08 Keisuke conosce (oltre al talentino Nordin Amrabat) l’amaro sapore della retrocessione in maglia Good Old, dorata come i capelli che inizierà a tingersi l’anno successivo in Jupiler League, quando guiderà il VVV alla promozione con 16 gol in 36 presenze e diventando, per tutti, l’Imperatore Keisuke, con tanto di fascia di capitano a soli 22 anni. Perché “Honda è un giapponese atipico – dice Zaccheroni – contrasta meglio dei connazionali, ha molta personalità”. L’Olanda gli va stretta, PSV ed Ajax conoscono solo l’Honda di Street Fighter e lui si consola con la secolare catena di supermercati Albert Hijn come surrogato dei konbini, peché il cibo è noioso (“a pranzo mangiano solo pane e formaggio“), senza contare che spesso qualche poliziotto lo multa di 45 euro perché se ne va in giro in bici, di sera, senza luci.
Con la calzamaglia blu al CSKA: in Russia deve far freddo… (Getty Images)
MUKAITEN & KAKKOII – Il 2010 è l’anno di Honda: a gennaio, mentre Steve Jobs lancia il primo iPad, il CSKA se ne assicura le prestazioni per circa 6 milioni di euro, GQ lo piazza in copertina come uomo dell’anno, il marchio italiano GAGà Milano (4 boutique a Tokyo) spaccia sue immagini per lanciare nuove linee d’orologi ed ecco che già si parla di new Hidetoshi Nakata: solo dovesse ripercorrere le orme dell’ex Perugia e Roma gli perdoneremmo i jeans arrotolati al polpaccio, il doppio orologio e la t-shirt scollo a ‘V’. Keisuke è forte, ha un sinistro che manco in Holly & Benji ed è pure kakkoii, cool, stiloso, ecco perché sia Mizuno che McDonald’s puntano forte sul suo potenziale pubblicitario. In Russia Honda trova il clima ostile, l’erba finta del Luzhniki e il gol decisivo agli ottavi di finale di Champions League contro il Siviglia, prima del doppio 1-0 subito dall’Inter che farà triplete da lì a pochi mesi; sotto al Cremlino trova pure il faccione paonazzo di Leonid Slutsky, che lo piazza dietro a Necid in compagnia di Mark Gonzalez e Milos Krasic nel 4-2-3-1 parzialmente rubato a Spalletti in quache lussuriosa vacanza romana. Vuvuzela e inverno africano fanno di lui (almeno per The Guardian), numero 18 della Blue Samurai, un falso nove, merito del 4-1-4-1 del visionario Takeshi Okada: cittì che scrive poesie, cura le piante e prima del mondiale se ne esce così: “siamo da semifinale“.
Il campioncino Fantagazzetta di Honda – copyright FG
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ONDA SU ONDA – Vicino al Milan pure nel luglio del magico 2010 (operazione finanziata da Emirates e poi fallita), Galliani pregustava un suo passaggio in rossonero già nella scorsa estate, quando canticchiava onda su onda ai microfoni di SkySport. Sposato con Misako dal 2008, padre di un maschietto e padrone di Tetsu (“sembra parecchio giapponese, così gli ho dato un nome giapponese”), Keisuke viene da una famiglia di sportivi: il fratello maggiore ex calciatore, il pro-zio Daisaburo canoista alle Olimpiadi di Tokyo 1964 ed il cugino, Tamon Honda, wrestler professionista. Seconda punta, trequartista dal gol facile (con tanto di lingua fuori alla MJ) o esterno in un terzetto offensivo, Honda è l’ossigenata duttilità che fa bene a tattiche e introiti, sempre restando fedeli al mito dei giapponesi allo stadio come passionali groupie; nono nipponico in Italia dopo Kazu Miura, Nakata, Nanami, Oguro, Nakamura, Yanagisawa, Morimoto e Nagatomo (già immaginiamo il derby di ritorno…), in centro a Milano la sua maglietta col 10 è già esposta dietro le vetrine da parecchi giorni, e dire ch’eravamo abituati ai giapponesi che entrano nelle case altrui lasciando con umiltà le scarpe sull’uscio e liberandosene solo prima di calpestare il tatami…
Non sappiamo che effetto avrà Keisuke Honda sul nostro calcio e soprattutto sul terremotato Milan, sappiamo però che qualche fanta-milioncino, per lui, lo investirete volentieri nei vostri mercati di riparazione. “A 27 anni è arrivato il momento di giocare in un grande club, per diventare un giocatore infinitamente migliore“. Bushi ni nigon nashi, un Samurai ha un sola parola…
Alan Bisio, per Fantagazzetta
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