A 14 ANNI CONTRO LA SQUADRA. DEL RE Nell’estate del 1958 l’Alessandria affronta in amichevole l’AIK Stoccolma, che aveva lanciato Skoglund e Hamrin. Pedroni osa schierare Rivera, che ha 14 anni, contro la squadra del Re di Svezia. E il ragazzino segna un gol. Fu per lui una gioia così grande, che conserva ancora il pallone di quella partita.
ESORDIO A 15 ANNI. Il 2 giugno 1959, con la maglia dell’Alessandria, Rivera fa il suo esordio in serie A a 15 anni. Gioca contro l’Internazionale di Moratti, nell’anno in cui Angelillo segna 33 gol in campionato. E non perde (1-1).
LACRIME AL SAN PAOLO. L’Alessandria e il Napoli di Vinicio e del Comandante Lauro lottano per la salvezza. Il 24 aprile 1960 si affrontano in una sfida diretta nel nuovo San Paolo. Al 23’ il sedicenne Rivera, capelli a spazzola, ricama uno slalom favoloso, punta la porta e trafigge Bugatti con un tocco delizioso(0-1). Il capitano-allenatore Pedroni corre ad abbracciarlo e, davanti allo stadio ammutolito, piange di gioia. Poi Vitali pareggerà.
DUE GOL ALLA CINA. Il 26 agosto 1960 Rivera esordisce in maglia azzurra nel torneo olimpico, allo stadio di Fuorigrotta a Napoli, segnando i primi due gol nel 4-1 alla Repubblica di Cina (Formosa). Poi il 1. settembre a Firenze pareggia, dopo un’ora di sofferenza, il gol di Waldir e costruisce la rimonta contro il Brasile di Gerson (3-1). Prodezze dimenticate.
SCUDETTO A 18 ANNI. Col Milan di Rocco, nella stagione 1961-62, coglie uno scudetto trapunto di diamanti. Basti pensare al 5-1 alla Juventus campione, il 12 novembre 1961. Era l’esordio di Dino Sani, dopo la cacciata di Greaves. Sul 2-1 Rivera aveva spezzato il forcing furibondo della Juve, segnando di piatto su cross di Ghiggia. Ma il 4 marzo 1962 realizzò un gol ancor più importante alla Fiorentina, imbattuta da 20 giornate e capoclassifica, con un destro al volo stupendo su cross di Danova dopo 50 secondi di gioco. Un colpo da ko micidiale. Poi, nel finale, regalò un assist di tacco da antologia per il quinto gol di Barison (5-2). Fu il momento del sorpasso decisivo.
TRIONFO A WEMBLEY. Il 22 maggio 1963, Rivera, 19 anni, per due volte offre ad Altafini la palla della rimonta nella finale di Coppa dei Campioni contro il Benfica, dopo il gol destabilizzante di Eusebio (2-1). Non si tratta di assist memorabili, ma di interventi che mostrano il nerbo di Rivera: prima un pressing su Cavem, nel cerchio di centrocampo, con un tocco che lancia il contropiede di Altafini, poi un tiro secco da fuori respinto dal corpo di un difensore, col pallone che finisce sui piedi di José. L’Abatino ha le unghie. E le mostra nell’Imperial Stadium
GOL A JASCIN. Il 10 novembre 1963 all’Olimpico di Roma, Rivera ebbe il piacere di segnare in maglia azzurra a vent’anni un gol al grande Lev Jascin, che aveva appena parato un calcio di rigore di Sandro Mazzola. Una prodezza con retrogusto amaro. La partita finì 1-1 e l’Italia, battuta a Mosca 2-0, fu eliminata dalla Coppa Europa.
LEZIONE A CRUJIFF. Il 28 maggio 1969 il Milan affronta e travolge l’Ajax di Rinus Michels , il profeta del calcio totale, nella finale di Coppa dei Campioni al Santiago Bernabeu di Madrid (4-1). Rivera impartisce a Johan Crujiff una lezione d’arte calcistica. La sua azione in occasione del gol di Prati, che chiude il punteggio della finale, è da cineteca.
UN PIATTO DIVINO. Gianni Brera lo ha definito così: “un piatto divino”. Ma non fu solo una delizia da “gourmet”, da buongustaio. Fu un’esecuzione illuminata dalla Grazia. Un prodigio irripetibile. La dimostrazione splendente che il calcio è arte. Il gol più ricco di bellezza, euritmia e pathos della storia del nostro calcio. Si era già nel secondo tempo supplementare nella semifinale del Mundial, all’Estadio Azteca di Città del Messico, il 17 giugno 1970. Rivera, che era accanto al palo, non era riuscito ad intercettare col petto il tocco di Gerd Müller e la Germania aveva pareggiato 3-3. Sessantasei secondi dopo toccava di piatto destro, da 12 metri, sul cross di Boninsegna, e, cogliendo in controtempo il grande Maier, segnava, imparabilmente, il gol del 4-3. Un gol soprannaturale. “Divino”, appunto. La prova nuova, moderna, seducente – dopo quelle di Anselmo d’Aosta e Tommaso d’Aquino – che Dio esiste.
DUE BOE DI SALVEZZA. La vita non è solo legata al successo. È anche battaglia di sopravvivenza, lotta per la salvezza. Lì, quando il sole tramonta, vedi il cuore dell’uomo. Il 22 maggio 1977 il Milan è in zona retrocessione e all’ultima partita di campionato va a Cesena. Rivera segna i due gol che garantiscono la salvezza (0-2). Così, due anni dopo, potrà congedarsi dal Milan con lo scudetto della Stella. Claudio Gregori.
fonte: Gazzetta dello Sport
