Era domenica sera, il Milan era appena stato sepolto dal Sassuolo, l’ultima panchina di Allegri si era consumata, nella desolazione. E un nostro lettore, Domenico, dava voce al suo sentimento, che era il sentimento di milioni di appassionati rossoneri. E’ passato qualche giorno, molto è successo, ma poco di quella ferita si è rimarginato. Decidiamo di pubblicare, a mente fredda, la sua lettera, appena ci è stato possibile. E’ da questo moto interiore, e da questi propositi, che il Milan di Seedorf deve ripartire.
Dovrei scrivere la conclusione della mia tesi su Pier Paolo Pasolini a quest’ora, ma una conclusione più pesante è giunta in queste ore: Allegri dopo tre anni e mezzo sulla panchina del Milan, è stato esonerato.
Ieri sera le scatole sono girate davvero a tutti, nonostante con lui in panchina il popolo rossonero nell’ultimo periodo abbia visto figure meschine random. Ieri sera un po’ tutti abbiamo avvertito una sensazione di profondo mancamento, come se si stesse strappando dalle maglie la storia. Una difesa registrata malissimo e una fase d’impostazione lenta e imprecisa erano l’equivalente di pugnalate all’orgoglio di ogni tifoso.
Che la società in questo ultimo anno e mezzo abbia contribuito a questa mediocrità è innegabile. Le cessioni importanti di due estati fa senza un ricambio che abbia sfiorato la classe venduta (nonché l’addio dei senatori), hanno reso la squadra un’accozzaglia di giovani promesse (chi più chi meno) e medianacci consumati. Classe zero, gioco inesistente.
Ma ecco, nella scorsa stagione, dopo la sonora sconfitta per 4-0 contro la Roma di Zeman giunta a fine 2012 , arrivata dopo una mini ripresa nata dal 2-2 in rimonta al San Paolo e confermata dall’1-0 sulla Juventus; Il 2013 si apre con un Milan più determinato, c’è un abbozzo di gioco, Montolivo sembra aver preso in mano le chiavi del centrocampo, El Shaarawy si conferma trascinatore e dona imprevedibilità alla manovra offensiva. Anche la difesa sembra migliorata, più compatta, Mexes fa le prove da leader.
L’arrivo di Balotelli a fine Gennaio rappresenta un enorme iniezione di fiducia per la squadra (benché non si possa utilizzare in Champions) e per la stessa tifoseria che aveva bisogno di un colpo “alla Milan”. L’apoteosi della rinascita è tutta nella partita d’andata degli ottavi di Champions contro il Barcellona: un 2-0 netto, esaltante, una notte europea da Milan, solo Milan.
Il ritorno va male, il Barcellona resta una squadra gestibile, Messi no, è troppo forte, è 4-0.
In campionato la rincorsa a un terzo posto che ad ottobre pareva una chimera è sempre più concreto. La Fiorentina è superata, 15 punti recuperati sui Viola, e addirittura ad Aprile c’è la possibilità di insidiare il secondo posto del Napoli anti-Juve. Il finale di stagione arriva con il fiato corto, a Siena si rischia di compromettere tutto, ma è vittoria, terzo posto, e per quel che mi riguarda, il grande capolavoro di Allegri, suo e soltanto suo, di gran lunga superiore allo scudetto.
Allegri riesce a rianimare e a far giocare una squadra senza identità e senza spogliatoio, risponde sul campo giornata dopo giornata alle critiche feroci e spesso insensate del presidente Berlusconi. A fine stagione è un allenatore stremato, consapevole di aver compiuto un mezzo miracolo sportivo .
L’anno che inizia a Settembre vede un Allegri spavaldo, pronto a togliersi qualche sassolino dalla scarpa, e dice nella conferenza dei preliminari di Champions: “Magari dopo aver superato il turno mi dimetto io”.
Il mercato non ha regalato nulla di quello che serviva realmente al Milan, se non il dolce ritorno di Kakà che mette subito a tacere tutte le voci di un suo annunciato flop con prestazioni altisonanti.
Il Milan inizia male, perde la prima, gioca peggio dell’anno precedente, nonostante un Balotelli in più, che sembra tanto Weah nel 97’, fenomeno lasciato solo in una distesa di mediocrità. La società ha fallito ancora una volta, ma questa volta gioca all’auto-massacro: ha scelto per la panchina un allenatore annunciato partente a fine stagione. Allegri sembra non avere più stimoli, la sua decantata poca cattiveria si manifesta partita dopo partita, è un Milan volenteroso ma misero, di gioco e di idee.
La partita con il Sassuolo rappresenta la peggior disfatta degli ultimi anni. Nella partita di ieri c’è tanto dell’Allegri vecchio e nuovo. Del nuovo c’è una squadra che non sa più mantenersi sul pezzo per novanta minuti, che vive delle folate dei singoli. Del vecchio c’è la solita partenza a razzo, nel tentativo di mettere subito in ghiaccio la partita e gestire il risultato cercando poi di chiudere con il colpo del KO. Era così il Milan del primo anno, che aveva in Ibrahimovic molto più che un colpo del KO. Del vecchio c’è una difesa che prende gol sempre nello stesso modo da ormai più di tre anni, con l’aggravante dei 30 gol subiti in 19 partite.
Ma il calcio moderno è totalmente diverso dall’idea di Allegri: oggi le grandi squadre europee attendono l’avversario, lo fanno avvicinare, per poi distruggerlo in ripartenza. Non è catenaccio o contropiede, ma è il miglior modo di giocare a calcio oggi per dimostrare buona tenuta fisica e idee di gioco. Le partite non si ammazzano, si giocano.
Allegri è stato un buon allenatore da campionato, non ha lo spirito europeo (un po’ come Conte), ha avuto molto coraggio nella prima stagione rossonera, privando la squadra della classe di Ronaldinho, congedando a fine stagione Andrea Pirlo per perseguire un’idea di centrocampo muscolare dove il livornese vedeva meglio uno come Lazzari (a lungo richiesto e per fortuna mai arrivato).
Allegri ha avuto sempre le idee molto chiare sul suo gioco, la cosa mi ha anche entusiasmato per un certo periodo, la sua risolutezza e il suo forte legame con Galliani mi davano sicurezza. Poi il declino, la sfiducia, la distruzione del gran lavoro fatto con prestazioni vergognose e ormai scritte nella storia rossonera.
Un brutto commiato, un finale che non avrei mai voluto, ma c’è stato, quando ieri sera ho gridato: “ALLEGRI VATTENE”.
Ora tocca alla società: il prossimo allenatore non farà miracoli nell’immediato, ma deve perlomeno trovare un ambiente societario compatto, che abbia una programmazione per la risalita. Barbara Berlusconi sembra acquisire sempre più punti, l’ondata di rinnovamento si avverte, e soprattutto lo strappo con Galliani appare realmente ricucito.
Ora bisogna saper vendere, poi saper acquistare. Si doni al prossimo tecnico una squadra competitiva, e che il prossimo tecnico sia un milanista: chissà, Seedorf, che porterebbe con sé Stam e Crespo. Magari è solo nostalgia del vecchio cuore rossonero, ma già sorrido.
Domenico Serio
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