Milan Night
Si dice che a mente fredda le cose appaiano più chiare perché si ragiona con più calma, meno enfasi, più lucidità. Non è vero, almeno non oggi. Non è vero perché quella di ieri è stata una batosta tra le più difficili da metabolizzare per il tifoso milanista. Hai voglia a dire che ormai ci eravamo messi l’anima in pace dopo il pareggio col Bologna, che ormai non c’era più nulla da fare per lo Scudetto. Quel gol di Bertolacci, da primo avvenimento per vedere realizzata l’utopia, è diventato il mezzo per farci vivere una delle serate più tremende da quando seguiamo il Milan. Far gioire interisti e juventini per una sconfitta del Milan. È anche vero, però, che spesso la fortuna ce la creiamo da soli, che non premia casualmente questa o quella persona, questa o quella squadra: va conquistata. Noi, quest’anno, non abbiamo evidentemente fatto nulla per conquistare i favori del fato, a partire da quest’estate.
Sandrino, nel suo sermone, ha parlato di annata fallimentare. Il mio giudizio sulla stagione del Milan è lo stesso, ma il percorso è probabilmente diverso. Perché tutto è relativo e tutto dipende dalle sensazioni del momento. Alcuni tifosi potrebbero per esempio non giudicare fallimentare una stagione in cui si è lottato fino in fondo per lo Scudetto, in cui si è comunque vinta una Coppa contro l’Inter e si è fatto un percorso migliore a quello dello scorso anno in Champions. La definizione di fallimento, in un’annata del genere, è quindi relativa, vista la perentorietà del giudizio. Per quanto mi riguarda la stagione è stata fallimentare non per i trofei non vinti, ma per come la squadra è scesa in campo. E non parlo (solo) di moduli, parlo di attributi. Si può vincere e si può perdere, ma il modo fa tutta la differenza del mondo. Il primo segnale grave di questa stagione è stata la mancanza di motivazioni, di carattere, di voglia, di cuore in quasi tutti i giocatori, in quasi tutte le partite. E il discorso è molto più a monte rispetto ai decisivi incontri con Fiorentina e Bologna. La forza di una squadra scompare completamente davanti alla mancanza di attributi, non importa quanto quella squadra sia forte. Semplice. Lo spirito di Udine, Lecce o di Milan-Barcellona (quarti di finale) non si è mai visto, siamo stati una squadra di bauscia che si aspettava di vincere le partite con il nome. E questo, per il Milan di un tempo che ho conosciuto solo grazie ai racconti di mio nonno, è il peggiore degli insulti che questa rosa potesse fare. Le colpe di quest’atteggiamento le avevamo assegnate già in tempi non sospetti, quindi non ci dilunghiamo oltre.
C’è a mio parere un semplice fatto, tralasciando l’affare Tevez-Pato, che può essere utile per fotografare l’annata del Milan: il mancato utilizzo di Aquilani in queste ultime partite. Aquilani è stato prelevato in prestito gratuito con riscatto obbligatorio dopo 25 partite fissato a 6 milioni. E già questa formula basta e avanza per capire in che modo sia stata portata avanti la campagna acquisti della squadra. Bene, con le presenze vicinissime al fatidico numero di 25, Aquilani, unico giocatore di qualità del centrocampo capace più o meno di reggersi sulle proprie gambe, è stato mestamente lasciato in panchina (o peggio, in tribuna) nelle ultime, decisive partite. Gli ordini sono arrivati dall’alto e Allegri li ha volentieri rispettati. Stringi, stringi, questo Scudetto, per la società, valeva meno di 6 milioni di Euro.
Naturalmente questo è solo un episodio; emblematico, ma un solo episodio, e le stagioni sono piene zeppe di episodi. Il gol di Muntari, per esempio. O il rigore di Roma, il gol e i rigori di Firenze, il gol di Catania… tutti episodi arbitrali sfavorevoli e penalizzanti per il Milan, ma invece di cercare un qualche modo per rigirarli a proprio favore, la strategia societaria è stata quella di ricordarli ogni volta che si perdevano punti, quasi a voler dare agli stessi giocatori un alibi in caso di mancata vittoria finale. Invece di scendere al livello della Juventus e pubblicare un comunicato ufficiale, si è preferito insistere a parlare del gol di Muntari o mandare un’inutile lettera ad Abete. Agire da signori o da finti signori, nel calcio italiano, non paga mai. Bisogna avere faccia di bronzo e non farsi nessuno scrupolo. Dopo tanti anni Galliani lo avrebbe dovuto imparare…
Rimanendo su Galliani, il fallimento della stagione non può non passare anche da lui. La politica dei rinnovi, solita manfrina che va avanti da anni, continua a essere un cancro della squadra. La programmazione si porta avanti con pazienza e continuità, e lo scorso anno, con oltre dieci contratti in scadenza, si è preferito ancora una volta chiudere un occhio e tre quarti, insistendo con giocatori troppo in là con gli anni, molti dei quali concentrati in un unico reparto. E anche se spesso il problema è di soldi, la scorsa stagione, muovendosi per tempo, c’era la possibilità di fare propri Sahin e Gago con una spesa complessiva di Euro zero. Probabilmente non avrebbero risolto tutti i problemi, ma avrebbero rappresentato basi più durature su cui costruire le fondamenta della squadra del futuro. Ora invece ci ritroviamo senza Scudetto e con diversi giocatori (Seedorf, Zambrotta, Nesta, van Bommel, forse Ambrosini e Gattuso) da sostituire in blocco con altri svincolati di dubbio valore (Keita, Natali e Montolivo) o sconosciuti ai più (Traorè). Non è così che si lavora al futuro, e cercare di sistemare la baracca comprando delle toppe di lusso (Ibrahimovic) è un giochetto che alla lunga non paga.
Ci vuole programmazione serena e logica, e servono soldi da investire sulla squadra, lo staff medico e lo staff tecnico. Le parole di qualche giorno fa di Berlusconi tolgono però ogni speranza: “Non è il momento di investire”. Se non è il momento ora, quando? Quando il proprietario era presidente del consiglio i discorsi erano quelli che conosciamo tutti: “Non investe perché non può dare agli italiani, per giunta in tempi di crisi, l’idea che butti i soldi fuori dalla finestra”… ma ora? Se non dovessero arrivare investimenti importanti e decisivi anche in questa campagna acquisti, sarebbe ufficiale e innegabile per tutti, anche per i più accaniti sostenitori di Berlusconi, che della squadra, a lui e la sua famiglia, non importa più nulla. Ben vengano allora imprenditori stranieri o italiani che investano soldi in una società che è comunque una fabbrica di denaro con pochi rivali al mondo (sesta squadra nella classifica di fatturazione stilata da Forbes dietro United, Real, Barcellona, Arsenal e Bayern). E per favore, che si faccia in modo che i giocatori a disposizione dell’allenatore possano giocare, che siano sani e in forma, non come quest’anno, nel quale la quantità di indisponibili è stata assurda. Cambiare tutto lo staff sanitario è una scelta obbligata, per non vedere ripetersi ancora una volta infortuni a catena. Per Tognaccini, Tavana e soci abbiamo già pronto un nuovo lavoro: gli spazzacamini a Chernobyl.
Per quanto riguarda il mister, dulcis in fundo, c’è poco da dire. Pur essendo un suo sostenitore, ci sono cose su cui non si può passar sopra per l’amore che tutti noi abbiamo per la Maglia, che viene prima di giocatori, dirigenti e allenatori. Come ha detto Rossonero82 ieri sera, “perdere un Derby in questo modo vale da solo l’esonero”. Non è solo questo, però, che non convince di Allegri. Di attenuanti ne ha: mercato, scelte societarie, infortuni, errori arbitrali, ma non avere altro modulo oltre il 4-3-1-2 è, in questo calcio, un errore imperdonabile. Senza parlare della Juve di Conte, che per tutto l’anno ha intelligentemente cambiato conformazione tattica a seconda degli avversari, scomodiamo Sir Alex Ferguson, uno che qualcosina l’ha vinto. Se un allenatore pluridecorato e in là con gli anni come lo scozzese cambia la squadra col cambiare degli avversari, perché un novizio che ha vinto a stento due trofei come Allegri non dovrebbe farlo? E non lo fa solo Sir Alex, ma anche Mourinho, Del Bosque, con meno fortuna Guardiola… perché Allegri no? Dov’è finito il pressing che avevamo visto lo scorso anno? La solidità difensiva della squadra? Sparita quando è sparito Thiago… la prova che non contano i mediani che si affastellano davanti alla difesa, conta l’assetto della squadra. Con quello non si prendono gol, non aggiungendo mediani su mediani che non danno nulla né offensivamente, né difensivamente. Da marzo in poi Allegri ha sbagliato tutto quello che si poteva sbagliare, e in una squadra che già di per sé era allo sbando, questo è stato lo scoperchiamento del vaso di Pandora.
Da dove si può partire per ricostruire? Ci sono tanti equivoci, tattici e non solo, in questa squadra. A partire, paradossalmente, da Ibrahimovic. Con lui abbiamo un giocatore che può decidere un campionato (quasi, purtroppo) da solo, ma nessun gioco. Privarci di lui sarebbe una follia, ma per poter dare un gioco al “suo” Milan si potrebbe provare a replicare l’esperimento di Guardiola a Barcellona, dove aveva comunque segnato oltre 20 gol in una stagione in cui non era sempre titolare: circondarlo di giocatori di qualità che gli girino attorno e trasformarlo in una prima punta vera e propria, senza farlo continuamente svariare per tutto il fronte offensivo. Per fare una cosa del genere serve però qualcuno che voglia farlo, e Allegri, che vede in Ibrahimovic la sua salvezza, l’assicurazione sulla vita che gli permette di vivacchiare, non credo sia l’uomo giusto per farlo. L’allenatore migliore al mondo è occupato all’Anzhi con Eto’o, il secondo è a Madrid, il terzo chiederebbe molti soldi e moltissimi investimenti, il quarto allena la Spagna. Il quinto, forse, potrebbe accettare la sfida. Viene da due Bundes vinte in carrozza e a Dortmund, dopo l’addio del comunque poco decisivo Barrios e l’imminente partenza di Kagawa dopo quella di Sahin dello scorso anno, ci potrebbe essere aria di smobilitazione. Klopp potrebbe essere il nome giusto per ricostruire qualcosa di bello ed esaltante, ma sarebbe un’avventura che implicherebbe soldi da investire e molti rischi. Ci vorrebbe entusiasmo, voglia di vincere, impegno. Sarebbe un progetto che coinvolgerebbe di nuovo i tifosi e che li potrebbe riavvicinare alla squadra, dopo un San Siro lasciato quasi deserto nelle ultime gare casalinghe. Ci vorrebbero troppe cose che al momento non ci sono. Mala tempora currunt.
A volte, purtroppo, sembra che dell’A.C. Milan interessi solo a noi.
pifa86
Post Originale:
Mala tempora currunt