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È il 7 maggio 2011. Il Caen, in piena lotta per la salvezza, deve affrontare in casa il Lens. Il tecnico Dumas, dopo aver inutilmente provato a cambiare modulo e posizioni dei giocatori, decide di dare fiducia a tale M’Baye Babacar Niang, cui aveva già concesso il debutto a fine aprile (una manciata di minuti contro il Tolosa) e la prima partita da titolare qualche giorno prima (“Forse sono un po’ pazzo, ma non è una sorpresa, e poi giocano i migliori, che abbiano sedici anni o trentacinque”). Due minuti dopo il calcio d’inizio, anche grazie ad un errore del portiere avversario, Niang diventa, all’età di sedici anni, quattro mesi e diciotto giorni, il secondo più giovane marcatore nella storia della massima serie francese. Era stato lui stesso, d’altronde, a bussare alla porta dell’allenatore per chiedere di giocare in prima squadra. Prima che la stagione finisca, va in gol altre due volte, contro Rennes e Marsiglia, aiutando i malherbistes a restare in Ligue 1.
Precoce, il ragazzo, lo è sempre stato. Nato da genitori senegalesi e cresciuto nella poco ridente banlieu di Les Mureaux, ad una quarantina di chilometri di Parigi, fin da bambino si guadagna la fama di fenomeno. Arrivato all’Amicale Sportive de Poissy all’età di nove anni, nel 2007 si fa notare dagli osservatori di diverse squadre, tra cui quelli del Caen, che faticano a credere che quel ragazzone così alto (1,75 a tredici anni) sia nato soltanto nel 1994: “All’inizio mi avevano detto che aveva falsificato la data di nascita. Ma è nato a Meulan!”. Non potendosi dubitare degli uffici anagrafe dell’Ile de France, M’Baye ha così l’opportunità di un provino con la squadra della Bassa Normandia. Partitella d’allenamento, al momento di fare le squadre manca un giocatore: “Giochi tu, sembri essere bravo“. Venti minuti dopo ha già fatto tre gol. Qualche ora più tardi ha già firmato per il Caen: ha dodici anni e mezzo.
Precoce, quindi, e anche con una voglia esagerata di bruciare le tappe. Già dal suo arrivo a Caen ha in mente solo la prima squadra: a sedici anni è nella squadra under 19 (oltre a giocare e segnare per la squadra riserve) e non ne ha ancora compiuti diciassette quando deve decidere se rispondere alla chiamata della nazionale maggiore senegalese o qualle dell’Under 21 francese. Opta per i transalpini e, già che c’è, segna al debutto contro la Lettonia. A giocare con i pari età quasi si annoia, atteggiamento che gli crea qualche problema e gli costa anche la convocazione ai mondiali under 17. Crede molto (troppo?) in sé stesso, come si è capito dalle prime dichiarazioni da rossonero (“Voglio vincere il Pallone d’Oro”): un giorno, sentendo un impiegato del club parlare della possibilità di una retrocessione del Caen, gli dice di non preoccuparsi, “ci salveremo e conosco il nome di chi ci salverà” (parlava, ovviamente, di sé stesso).
Grande fan di Benzema e Ronaldo, il giovane francese è comunque riuscito a mantenere i piedi per terra: “Se mi adagio sugli allori, se lavoro di meno, quelli che ieri erano dietro di me mi sorpasseranno domani. Tre anni fa giocavo nel Poissy, tra tre anni potrei non essere più in Ligue 1“. Ripreso più di una volta per avere “la testa tra le nuvole”, specialmente dopo la firma del suo primo contratto da professionista, ha avuto comunque la saggezza di non lasciare la Francia ancora troppo giovane (lo volevano parecchie squadre inglesi, ma “non vedo cosa sarei andato a fare all’estero a quindici anni e mezzo, voglio mettermi in discussione ogni giorno ed impormi al Caen”). Thomas Heurtaux, ex compagno di squadra e oggi difensore dell’Udinese, ha detto di lui: “Non è affatto intimidito, non si fa complessi, per cui qualcuno può prenderlo per arrogante, ma è sempre rispettoso dei più grandi e delle gerarchie“.
Oltre al fisico già da adulto (ad oggi è alto 1,84), Niang ha dalla sua l’istinto del goleador: “è strano, quando sono in area è come se avessi un black-out, non vedo niente, ma so che sto per segnare“. Se al Caen sono tutti d’accordo nell’affermare di non aver mai visto un talento simile, è pur vero che l’ultima stagione non è stata delle più facili: anche per colpa degli infortuni, il giovane attaccante ha segnato soltanto due gol in quattordici partite da titolare, non potendo, questa volta, evitare la retrocessione ai suoi.
Oggetto dell’interesse di diverse società inglesi, al termine di una lunga telenovela estiva, piuttosto insolita per un club come il Caen, il giocatore finisce al Milan per una cifra vicina ai tre milioni: “Un accordo ragionevole, visto il contesto economico globale del calcio, altrimenti non l’avrei fatto” ha commentato il presidente Fortin. Aldilà dei soliti paragoni roboanti (il nuovo Henry, il nuovo Balotelli), resta qualche perplessità sul futuro. “Sulle sue potenzialità calcistiche il rischio non è enorme, sulla sua mentalità e sulla sua psicologia sì. Nella testa M’Baye è un enigma“: parole di Philippe Tranchant, suo allenatore nelle giovanili del Caen.
Scartate le opzioni inglesi (aveva fatto provini per Arsenal ed Everton), arriva al Milan soprattutto per una sua scelta: per molti avrebbe fatto meglio a restare ancora una stagione in Francia, per crescere ancora ed evitare di finire come un Le Tallec o un Sinama Pongolle qualsiasi. Non resta che aspettare, sperare e augurarsi che la realtà imiti la finzione: a Football Manager, dicono, è una bomba.
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M’Baye Babacar Niang, diciassette anni e non sentirli