A gennaio non sono arrivati ricambi sulle fasce. E l’unico acquisto è stato Boateng, che non vede il campo e non è ancora in forma. Per Mihajlovic anche questo è un problema.
MILAN, ITALY – JANUARY 06: AC Milan coach Sinisa Mihajlovic looks on before the Serie A match between AC Milan and Bologna FC at Stadio Giuseppe Meazza on January 6, 2016 in Milan, Italy. (Photo by Marco Luzzani/Getty Images)
Ci eravamo strenuamente opposti all’idea di dover passare un ennesimo finale di stagione privi di ambiziosi obiettivi di classifica (e per favore non provateci nemmeno a spacciare come tale il mantenimento del sesto posto dagli attacchi furibondi di Sassuolo e Lazio…); ma la triste sensazione maturata a conclusione della prestazione casalinga contro la Lazio, peraltro nemmeno tra le più brutte offerte quest’anno dal Milan tra le mura amiche, è quella di un lento, inesorabile, sonnolento periodo “cuscinetto” che ci porterà alla finale di Coppa Italia contro la Juventus. Nove giornate di tedio come una qualsiasi squadretta di provincia (… con rispetto parlando…) che una volta raggiunta la salvezza stacca completamente la spina e attende l’estate preparando l’abbronzatura grazie ai primi soli primaverili. Prospettiva inquietante.
Non sappiamo se proprio perché anche il prode Mihajlovic condivide le nostre stesse paure e constata che la vis pugnandi della sua squadra si sta lentamente spegnendo o, piuttosto, perché ha già abbondantemente metabolizzato il fatto che tra pochi mesi non sarà più l’allenatore del Milan, il mister serbo pubblicamente o off record sta cominciando a togliersi qualche sassolino dalla scarpa. Dallo sfogo captato, ancorché smentito, nei corridoi degli spogliatori di Verona (gara di domenica scorsa contro il Chievo) riguardo all’impossibilità di fare di più con il materiale umano a disposizione, alla sempre minore tolleranza nei confronti delle quasi quotidiane esternazioni di Berlusconi sul suo futuro o sul gioco espresso dalla squadra (e per favore Presidente, ci risparmi almeno le passerelle del candidato di turno… non è proprio il momento…), alla constatazione, nemmeno troppo amichevole, che le difficoltà del momento sono figlie, tra le altre cose, della mancanza di alternative valide sugli esterni. In realtà relativamente agli esterni di centrocampo non ci sono proprio soluzioni diverse dai titolarissimi Honda e Bonaventura che sono costretti non solo a giocare sempre e comunque da titolari (che di per sé non sarebbe un problema) ma a farlo sapendo che l’ipotesi di un cambio, se non negli ultimissimi minuti, per rifiatare ogni tanto, è pura fantasia. Tutte le ipotesi di avvicendamento (Bertolacci, Poli, Boateng e Menez) significano tentare di inserire degli elementi della rosa in zone del campo in cui, notoriamente, non possono dare un contributo efficace. L’esterno di centrocampo, in un modulo 4-4-2, deve sapersi sacrificare in copertura, essere dotato di spunto nel breve, di buona tecnica e di doti di crossatore. Tutte qualità che nei quattro sopra citati non si riescono mai a coniugare ma diventano alternative l’una all’altra.
Ovviamente allo stesso Mihajlovic non sfugge il fatto (…ecco il famoso sassolino…) che una volta optato definitivamente per il nuovo modulo, era per la precisione fine novembre, il mercato di riparazione di gennaio poteva (doveva?) essere l’occasione, nonostante i noti e stringenti vincoli di bilancio, per effettuare qualche operazione in entrata a completamento di una rosa, soprattutto a centrocampo, pensata per l’applicazione di moduli completamente diversi (4-3-1-2 o 4-3-3-). Ed invece l’unico volto nuovo, ossia Boateng, non è mai stato nelle condizioni fisiche ma soprattutto tattiche per essere utile nelle zone del campo ai lati di Montolivo e Kucka (o Bertolacci).
L’osservazione di Mihajlovic, peraltro ineccepibile, ha probabilmente dato l’avvio alla stagione delle recriminazioni; quando si comincia a recriminare significa che lo sguardo è rivolto costantemente all’indietro e molto meno al futuro. Pessimo segnale.