Meteore rossonere – L’eroe Mundial alla corte di Farina, Paolo Rossi

Canale Milan

2 Scudetti
1 Coppa Italia
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1 Coppa Campioni
1 Supercoppa Europea
1 Campionato del Mondo

1 Pallone d’Oro
Capocannoniere della Serie A (’77/’78)
Capocannoniere della Coppa Campioni (’82/’83)
Capocannoniere ai Mondiali ’82

Queste le voci più importanti presenti nel palmares di Paolo Rossi, icona storica dell’Italia campione a Spagna ’82. Oltre l’urlo di Tardelli, oltre la gioia di Pertini e l’esultanza di Martellini, rimane la sua immagine, quella delleroe Mundial che con i suoi gol trascinò gli azzurri sul tetto del mondo.

Peccato che nessuno di questi traguardi fu raggiunto con la maglia rossonera. Quando Rossi arrivò a Milano infatti il viale del tramonto era già stato imboccato nonostante la carta d’identità recitasse appena 29 anni. Colpa di un fisico gracile, delle numerose operazioni al ginocchio e di altri problemi alla caviglia, Pablito rappresentò il canto del cigno del Milan targato Giussy Farina, personaggio che diventerà un’altra storia tra le meteore milaniste.

Un legame particolare, quello tra Rossi e il patron rossonero, un legame nato nel ’76 quando Farina, allora presidente del Vicenza, ne prelevò la comproprietà dalla Juve, stanca di aspettare l’esplosione di un ragazzo frenato troppo spesso dagli infortuni. Al primo anno con i biancorossi è subito un trionfo: Paolo è il faro della squadra che arriva alla promozione in Serie A grazie ai suoi 21 gol che ne fanno il capocannoniere del torneo. Sono gli anni del Real Vicenza. Guidata dal leggendario Gibì Fabbri la squadra gioca un calcio spettacolare per una provinciale, sempre all’attacco, tanto da raggiungere un incredibile secondo posto già nella stagione del ritorno nella massima serie. Il tutto basato su un gioco corale che aveva in Rossi la sua punta di diamante, un giocatore riscoperto dall’intuizione dello stesso tecnico bolognese che decise di spostarlo da ala destra a centravanti di riferimento nel suo 4-5-1. Rossi così divenne il primo giocatore in Italia a vincere per due anni consecutivi il titolo di capocannoniere prima in B e poi in A (ci riuscirà anche Del Piero tra il 2006 e il 2008, ndr). Restava però irrisolta la questione sulla proprietà del cartellino: Farina non voleva cedere la sua stella alla squadra che due anni prima l’aveva lasciata andare senza tanti complimenti. Non rimaneva altra soluzione che ricorrere alle buste.

Il 19 maggio del ’78 diventa una delle giornate più discusse e chiacchierate della storia del calcio italiano: Rossi rimane al Vicenza per 2 miliardi e 600 milioni, una cifra spropositata per quell’epoca e tre volte superiore all’offerta bianconera. L’Italia del pallone insorge, grida allo scandalo, il presidente della Figc Carraro si dimette ma Farina si difende: “Mi vergogno, ma non potevo farne a meno: per vent’anni il Vicenza ha vissuto degli avanzi. E poi lo sport è come l’arte, e Paolo è la Gioconda del nostro calcio”. La Gioconda intanto aveva conquistato le attenzioni del ct della Nazionale Bearzot: Rossi parte per i Mondiali in Argentina dove diventa Pablito e contribuisce al quarto posto finale. L’anno dopo al Vicenza le cose cambiano radicalmente: il giocattolo si è rotto e le 15 reti di Rossi non bastano a salvare i veneti da una clamorosa retrocessione. Farina, già da tempo in difficoltà finanziarie, si vede costretto a cedere i suoi pezzi pregiati e Pablito è il primo della lista. Finisce in prestito al Perugia dove continua con l’ottimo trend degli  anni precedenti segnando 13 gol.

Il destino però è ancora avverso e Rossi si ritrova al centro di un altro caso: il 1 marzo del 1980 scoppia lo scandalo calcioscomesse. Combine, illeciti e partite truccate piegano il calcio italiano grazie alle rivelazioni di Massimo Cruciani, di professione fruttivendolo, primo responsabile del giro di scommesse clandestine. Pablito paga un Avellino-Perugia del ’79 finito 2-2 con tre anni di squalifica, poi ridotti a due. “Rossi fu tirato in mezzo solo perché era un simbolo” dichiarò una persona vicina a Cruciani 5 anni dopo, ma il ormai il danno era fatto: Rossi fu costretto a rinunciare agli Europei con la sua carriera spazzata via in un attimo. Pablito decide comunque di tornare a Vicenza e restare ad allenarsi con la sua vecchia squadra, poi, nel marzo dell’81, arriva la svolta: sulla sua strada c’è ancora la Juve, nella figura di Boniperti. Il presidente bianconero, mai dimentico dello smacco subito tre anni prima, riporta Rossi dove tutto era cominciato e, a distanza di un anno, il 2 maggio dell’82 torna in campo andando a segno contro l’Udinese, proprio ad un mese dall’inizio del Mondiale.

Sembrava impossibile che Rossi potesse far parte di quella spedizione, eppure Bearzot non ha dubbi: con Bettega out per infortunio viene convocato proprio Pablito, nonostante i soli tre match disputati, lasciando a casa uno come Pruzzo, capocannoniere dell’ultimo campionato. Le prime partite danno però ragione alla critica: contro Polonia, Perù e Camerun, Rossi è poco più di un fantasma. L’Italia coglie tre pareggi ma riesce comunque a qualificarsi per la seconda fase a gruppi. La storia regalò poi quattro prestazioni maiuscole contro Argentina, Brasile, Polonia e Germania che valsero all’Italia il titolo Mondiale ed a Rossi quelli di capocannoniere e miglior giocatore della manifestazione, ai quali si andrà ad aggiungere il Pallone d’Oro (secondo italiano a vincerlo dopo Rivera, ndr), a suggello di una stagione perfetta. Seguono tre annate con la Juve cariche di successi e trionfi ma negli ultimi tempi il rapporto con i bianconeri si incrina. Per Rossi è il momento di cambiare aria e così ecco rispuntare Farina, nel frattempo divenuto presidente del Milan, che lo porta in rossonero sognando una nuova stagione di trionfi insieme al duo Virdis-Hateley.

Purtroppo per i tifosi Pablito non è più lo stesso, arrivano nuovi infortuni e la sensazione che il periodo d’oro sia alle spalle. Rossi disputa appena 26 partite segnando la miseria di tre reti, di cui due nel derby d’andata. La stagione del Milan è fallimentare: fuori dalla Coppa Uefa e 7° in campionato, la squadra paga anche i guai finanziari del presidente che fugge in Sudafrica lasciando il timone a Silvio Berlusconi. Nel nuovo Milan non c’è più spazio per Rossi e in estate arriva la cessione con il rammarico di S. Siro per aver visto solo la copia sbiadita dell’eroe Mundial.

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