Quando più lo vuoi e meno te lo aspetti, o forse quando anche se non ci credi, ci speri, ecco il Milan. Il Milan che ci rende fieri della nostra fede e che si fa rispettare tra i più grandi d’Europa, quello con lo sbiadito, ma sempre presente, DNA europeo. Questo è il Milan che ieri sera ha affrontato il Barcellona, e ha giocato alla pari con la corazzata catalana.
Allegri ha disegnato per l’occasione un Milan diverso negli uomini, nell’atteggiamento e anche nel modulo. Si rivede Kakà dal primo minuto e anche se Balotelli parte dalla panchina, non c’è spazio neanche per Matri. Il mister è sembrato tornare al 4-3-3 ma dopo pochi minuti di gara si è notato come in realtà i rossonero fossero schierati in realtà con un insolito 4-5-1, con Birsa e Kakà ali piuttosto che attaccanti esterni e Robinho ad agire da unica punta.
Altro accorgimento tattico apportato dal mister per questa gara è stato quello di far agire Montolivo sulla stessa linea di De Jong, in un centrocampo che praticamente si è disposto a 5 senza mezz’ali, ma con il doppio regista e le ali larghe. Ciò ha reso più densa la mediana rossonera, e di conseguenza meno proficuo – anche se sempre di grande mole – il palleggio blaugrana in mezzo al campo.
Questa disposizione tattica dei rossoneri ha favorito inoltre le ripartenze, costringendo i terzini catalani a salire con continuità lasciando scoperti i due centrali, e fino a che Kakà e Birsa hanno retto fisicamente, queste ripartenze sono state anche pericolose; il Barcellona ha creato le sue occasioni per vincere la partita, ma lo ha fatto anche il Milan.
Per la prima volta da quando gli spagnoli sono la corazzata del tiki taka, Milan-Barcellona è stata una partita equilibrata; non un pareggio strappato dai rossoneri con il cuore e un pizzico di fortuna, ma un punto del tutto meritato, un punto che se fossero stati tre nessuno avrebbe urlato allo scandalo.
Questo risultato, e soprattutto questa prestazione, possono rappresentare la svolta della stagione del Milan. Perché una serata del genere non può non giovare ad una squadra che difetta principalmente in fiducia e personalità, per via di quel discorso dei piccoli miglioramenti che se prima servivano ma non bastavano, adesso non bastano, ma servono.
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