Milan-Lazio Serie A 2015/2016: presentazione

73a5d620f1c514c93b90e23de16355c1_169_lUn Milan scialbo, incolore, insipido. A Verona sponda Chievo, per l’ennesima occasione della stagione, la squadra si è presentata svogliata e solo nel secondo tempo quasi volenterosa di portare a casa il risultato. Per l’ennesima volta. Perché di ventinove partite di campionato il Milan ne ha affrontate a stare larghi otto con buono spirito d’iniziativa e abnegazione, ma molte, troppe delle restanti ventuno, non sono state all’altezza non tanto della fama della squadra rossonera, ma nemmeno in linea con il valore pur mediocre della rosa. A prescindere dalle posizioni dei tifosi insisto e insisterò fino a fine stagione ad affermare che Sinisa Mihajlovic è un allenatore mediocre, ma abbastanza furbo da parlare alla pancia dei tifosi incazzati evitando critiche nei suoi confronti che dovrebbero essere ben più aspre. Inoltre, tenuti presente alcuni suoi innegabili meriti, l’ex tecnico doriano ha raccolto finora sette miseri punti più del peggior allenatore della storia del Milan, Pippo Inzaghi. Sette. Con una rosa non certo inferiore a quella del Bresaola (che, a scanso di equivoci, non sto affatto riabilitando, figuriamoci). Al posto del veneziano Menez (o se preferite di El Shaarawy, o Torres, o Destro) c’è un signor attaccante, Bacca, uno dei pochi calciatori di livello internazionale del Milan; in luogo di Mexes (o se preferite di Zapata, o Paletta) troviamo Romagnoli, uno dei giovani centrali più apprezzati nel panorama europeo. In più un Bonaventura più sicuro dei suoi mezzi, un Niang superiore rispetto a quello di un anno fa, un Alex più in salute, la bella scoperta di Donnarumma, l’energia – per quanto disordinata – di Kucka. Non esiste nessuno, se in possesso delle proprie facoltà mentali, in grado di affermare che la rosa in mano al serbo sia inferiore a quella della stagione passata: per questa ragione i sette punti in più sono il minimo sindacale da richiedere a questo gruppo e al suo allenatore. Il minimo sindacale, perché i miracoli sono ben altri.

Perché ammorbo i lettori del blog con queste stantie e maleodoranti considerazioni sull’eroe di questa stagione, il coraggioso condottiero rossonero, l’uomo più uomo di tutti, il Messia del giuoco del pallone e delle palle? Perché si leggono sbrodolate invereconde, insensate, francamente inopportune. Affermare che questo sia un Milan operaio e cacciavite è utile solo a dimostrare come la situazione rossonera abbia cambiato la percezione che del Milan hanno i suoi tifosi. Un Milan operaio non si limiterebbe a giocare decentemente e con buona lena otto partite, ma tutte (o quasi) quelle della stagione; non andrebbe ai supplementari col Crotone; non vincerebbe 0-1 di rigore contro una squadra di Lega Pro, e nemmeno capolista del proprio girone. In generale i giocatori non scenderebbero in campo dando ai tifosi la sensazione di far loro un piacere.  Se questo è un Milan operaio, cacciavite, coraggioso o più in generale di cui essere fieri, allora è proprio vero che tutto il letame ingollato a forza in questi anni ha irrimediabilmente e completamente sfasato il nostro metro di giudizio. Domani arriverà comunque la tanto attesa boccata d’ossigeno con una scontata goleada contro la malcapitata Lazio allo sbando dopo lo 0-3 subito dallo Sparta Praga, e si ricomincerà a tessere le lodi dell’allenatore con le palle.

Se c’è qualcosa peggiore delle partite del Milan, questo è pensare che tale spettacolo costi (non a noi, per fortuna) novanta milioni a stagione. Novanta. Centottanta in due anni per un decimo e un sesto posto (provvisorio). Chi gestisce crea buchi, chi paga se ne frega di dover svenarsi per una rosa simile, chi gioca incassa lo stipendio e “chi s’è visto, s’è visto”. Questa situazione non può che peggiorare ogni anno di più. Deficit di bilancio creano indigenza, l’indigenza porta allo smembramento tecnico, che a sua volta conduce a risultati ancor peggiori, che non fanno che peggiorare la situazione generale e via dicendo. Chiaramente non lo spero, ma non mi sorprenderei se questo management e la nostra proprietà dovessero mai riuscire a chiudere il cerchio, lasciando il Milan lì dove lo avevano raccolto trent’anni fa: in tribunale.

Anno dopo anno le cose da dire sono ormai le stesse. Allenatore mediocre da cambiare, società incompetente se non in malafede, proprietà che se ne strafotte. E ad aprile il solito circo dell’approvazione del bilancio in cui il cda si concede un ulteriore aumento degli stipendi, visti i lusinghieri risultati sportivi. Parliamo di cibo, ché è meglio.

agnelloDal momento che siamo vicino Pasqua e che personalmente non apprezzo (per usare un eufemismo) il veganesimo, propongo uno strepitoso abbacchio brodettato alla romana.

Ingredienti:
un abbacchio di un chilo, 50 gr di grasso di prosciutto, una cipolla, olio extravergine d’oliva, vino bianco, maggiorana, prezzemolo, uno spicchio d’aglio, tre uova, succo di un limone, sale e pepe

Preparazione:
Tagliare a pezzi piccoli l’agnello, lavarlo e asciugarlo con un canovaccio di cucina. In un tegame di terracotta mettere a soffriggere in olio un trito di cipolla e grasso di prosciutto. Appena la cipolla sarà imbiondita, aggiungere i pezzi di abbacchio, condirli con sale e pepe e lasciarli rosolare, bagnandoli poi con un bicchiere di vino bianco. Quando sarà quasi consumato, versarvi acqua o un mestolo di brodo caldo e continuare la cottura a fuoco moderato e tegame coperto, aggiungendo quando necessario altra acqua o brodo, in modo da mantenere sempre una certa quantità di liquido. A cottura avanzata, aggiungere un trito di aglio, maggiorana e prezzemolo e, a cottura ultimata, togliere il tegame dal fuoco, versando sopra l’agnello i 3 tuorli d’uovo precedentemente sbattuti insieme con il succo di un limone. Lasciare addensare questa crema mescolando continuamente, eventualmente rimettendo il tegame sul fuoco. Servire caldo.

Buon appetito!

Fabio

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