Non è un videogame

Milan news

31.12.2011 19:00 di Francesco Specchia   articolo letto 405 volte

© foto di Alberto Lingria/PhotoViews

Insert coin, inserire il gettone. Oggi si inserisce il blu ray per divertirsi con i videogiochi. Tutti possono farlo, basta essere dotati di console e cd. La vita reale è tutt’altro, soprattutto nel calcio. Gli italiani sono tutti allenatori, per questo tra i videogame più acquistati ci sono quelli di calcio manageriale, giochi in cui spendi, acquisti il calciatore e lo mandi in campo. La vita è tutt’altro. Allenatori non ci si può improvvisare e ci sono componenti che in un giochino non si possono vedere e toccare, si chiamano rapporti umani, e nel periodo dei social network è sempre meglio ricordarlo. Come accennavo, nei manageriali di calcio selezioni il giocatore e lo butti in campo, nel calcio, quello vero, fatto di sudore e allenamento e di rapporti, no. La stiamo prendendo larga per arrivare a parlare del caso del momento, Pato-Allegri. “Non c’è dialogo”, le parole di Pato che hanno acceso la miccia, seguenti alle frecciate e alle panchine di Massimiliano Allegri. “Il rapporto con Allegri  è professionale. Credo che tra allenatore e giocatore non deve esserci un rapporto d’amicizia.” Queste le ultime parole del numero 7 dal caldo sole di Dubai. Il confronto, la chiacchierata per rappacificare la situazione non c’è stata e il giocatore, nel gruppo compatto rossonero, denota segni di nervosismo. Il tecnico toscano ha sempre sostenuto di non dover dare spiegazione alcuna: “Chi sta meglio per me gioca, secondo quanto visto in settimana e in base all’avversario che si presenta davanti”. D’altronde anche all’Allegri calciatore non piacevano le spiegazioni dei tecnici. “Se non gioco è perché qualcun’altro è meglio di me in quest’occasione”, questo il pensiero del mister rossonero che con gli anni non ha cambiato idea. Eraclito lo ha sempre sostenuto, tutto scorre, cambia ed evolve, come il ruolo dell’allenatore, sempre più psicologo. Il numero 1, come lo definiscono, Josè Mourinho è per eccellenza il miglior motivatore al mondo. Prima di ogni partita parlava singolarmente ai propri giocatori, infondendo loro una carica agonistica inimmaginabile. Video, filmati e tecnologia lo hanno aiutato a pungolare anche i lati più nascosti dei propri atleti. Un gruppo compatto può sconfiggere chiunque, lo hanno dmostrato anche i Mondiali del 2006. Tutti uniti. Altro grande motivatore e comunicatore era un certo Helenio Herrera. Parlare, parlare e comunicare aiutava a stringere un rapporto con i calciatori che a quel punto avrebbero fatto qualsiasi cosa pur di stare dalla parte dell’allenatore. In questo senso chiarificatrici le parole di Ibra e Materazzi che per Mourinho avrebbero anche ammazzato.
Pato con Ancelotti aveva un rapporto diverso, più amichevole rispetto a quello con Allegri e per coincidenza anche il rendimento del papero era migliore. Per allenare ci vuole, mai come ai tempi d’oggi, la giusta comunicazione e bravura nell’ instaurare un clima di empatia all’interno dello spogliatoio. Se prendiamo un videogioco, lo inseriamo nel pc e componiamo la formazione migliore seduti sulla sedia della scrivania, ci arrabbiamo se il nostro attaccante non segna, allora lo vendiamo. In un videogioco. Siamo nella vita reale.

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