In questi giorni mi sono informato poco sul Milan, non ho letto nessun editoriale o dichiarazione, non ho guardato le poche amichevoli giocate finora e non sono nemmeno così aggiornato sugli affari in entrata delle altre squadre italiane o europee. Per tutte queste ragioni non mi produrrò in un post sulla strettissima attualità dell’estate rossonera, la prima dopo molti anni non di “lacrime e sangue”, quanto sputerò qualche piccola sentenza sui giocatori finora arrivati, sulle idee che ho di loro, su quello che a mio parere è stato fatto bene e quello che poteva essere fatto meglio.
Come detto in precedenza questa è la prima sessione di mercato dopo molti anni in cui il Milan si può definire se non protagonista assoluto in positivo almeno una delle società più attive nella campagna di rafforzamento. “Grazie tante”, direte voi. Dopo due anni disastrosi e l’ormai (pare) imminente ufficialità dell’ingresso in società di Bee Taechaubol un robusto innalzamento dei valori della rosa era il minimo auspicabile. Ciononostante, forse traviati dalle prime due figure barbine negli affari Jackson e Kondogbia o più probabilmente per via dell’avvelenamento subito in questi ultimi anni da proprietà , dirigenza e settore sportivo, avverto uno scetticismo in alcuni casi certamente giustificato, ma forse eccessivo. Personalmente reputo pessimismo e ottimismo due bug della stessa e opposta fattezza: essere troppo ottimisti a volte porta a non vedere problemi in realtà esistenti o viceversa essere troppo pessimisti ne fa vedere alcuni che in realtà non esistono. Sono piuttosto un grande fan del realismo, e a mio modo di vedere è di questo atteggiamento che dovremmo fare scorta per la stagione a venire. Io intanto vi sbatto in faccia il mio.
Sinisa Mihajlovic
Non sarebbe stato la mia prima scelta. Forse nemmeno la seconda o la terza. Se dovessimo fare un paragone con la Formula 1, in qualifica chiuderebbe probabilmente in terza fila. Il mio è un giudizio certamente superficiale, in fondo ho visto poche volte giocare la sua Sampdoria, o la sua Fiorentina, o il suo Catania, o la sua Serbia, ma quel poco che ho notato ha fatto naturalmente maturare in me l’idea che sia un buon allenatore con un forte carattere, ma con qualche vuoto qua e là . Dal punto di vista tattico la sua Samp mi ha impressionato soprattutto nella partita casalinga contro la Roma della scorsa stagione: ottimi tempi di uscita dei centrocampisti in fase di pressing, occupazione degli spazi pressoché perfetta, ripartenze veloci, attenzione negli ultimi venticinque metri difensivi. Credo che questo sia quel che di meglio Mihajlovic sappia offrire, e non è certamente poco. Mi è parso però che le sue squadre manchino di creatività con la palla tra i piedi, che siano non certo statiche, ma a volte prevedibili. Se vogliamo azzardare un paragone da cialtroni con allenatori dalle idee simili, nello spettro che va dal nulla (cioè il bresaola) a Simeone lui si colloca a 6-7/10 del percorso. Se tutto dovesse andare come speriamo, cioè che il rilancio economico e sportivo del Milan sia costante negli anni, lo giudico un allenatore di passaggio, la figura ideale per “rimettere la chiesa in mezzo al villaggio”, ma non quella adatta a far fare alla squadra l’extra mile necessario per portarla da essere una contendente per la corsa alla Champions League a una seria candidata per lo Scudetto. Tra i suoi pregi si può annoverare il carattere a volte burbero, ma anche risoluto, determinato, a volte – quando necessario – spietato fino quasi a diventare sopra le righe (chiedere spiegazioni a Regini). Dico questo basandomi non tanto sui giudizi dei giornalisti che seguono il Milan nei primi allenamenti e uscite stagionali (tra l’altro tremendamente simili a quelli sprecati un anno fa per plasmon), ma per quanto notato finora nella sua carriera, e non solo da allenatore. Dio solo sa quanto una figura simile servisse per l’ambiente, e per ambiente intendo anche per noi tifosi, letteralmente sfibrati dagli atteggiamenti da debosciati di molti giocatori in queste ultime annate. L’augurio di buon lavoro per Sinisa è d’obbligo: qualcosa è stato già fatto, ma c’è ancora tanto da fare.
Andrea Bertolacci
La mia idea l’ho già espressa qualche settimana fa nel post collettivo su di lui, ma mi ripeto. Essendo salentino seguo il Lecce, ora meno per motivi puramente televisivi, prima maggiormente. Già durante la sua militanza in giallorosso Bertolacci mi stupì per qualità tecniche, poi confermate a Genova. à un giocatore che non sposta certo in maniera prepotente gli equilibri, ma ha caratteristiche che mancavano al nostro centrocampo: buoni tempi di passaggio, bravo negli inserimenti e abbastanza estroso da segnare quei due splendidi gol che passano su ogni tv ogni qualvolta si parli di lui. Ci darà certamente una bella mano. I dubbi sono più che altro sulla valutazione fatta dal Milan (o meglio, dalla Roma, ma accettata dal Milan): considerata l’età da giocatore in piena maturazione e non quindi da giovane potenziale fenomeno venti milioni, almeno in questo preciso momento, non li vale, in futuro chissà , spero vivamente di sì. Il punto è però un altro, a voler essere quasi capziosi: quando sollevavamo dubbi sull’operato di Galliani la risposta più gettonata era “beh, ma con un budget di zero Euro sta facendo le nozze coi fichi secchi”. Ecco, in quest’ottica pagare venti milioni sull’unghia per Bertolacci non vuol dire esattamente “fare miracoli”. Chiaramente meglio un acquisto simile piuttosto che pagare zero per Essien o qualche milione per Emerson, ma se bisogna parlare che si racconti tutta la storia, non solo parte di essa. Detto ciò un in bocca al lupo a Bertolacci. Mettiamola così: vista la sua valutazione sarà determinato il doppio per dimostrare di meritarla.
Sarà probabilmente una mia tara mentale, ma tendenzialmente fatico a fidarmi di quei giocatori che spuntano fuori tardi. Bacca è uno di questi, così come lo è Jackson Martinez. Lo è stato anche Milito, ma come purtroppo abbiamo imparato a nostre spese ha fatto la storia, seppur della squadra a noi avversa. I Milito sono però le eccezioni che confermano la regola: se un giocatore è un campione, un fuoriclasse, un fenomeno, tendenzialmente esce prima. Questo è un fatto. Un altro fatto però è questo: Bacca ha segnato a raffica nelle due ultime stagioni, tanto in Liga quanto in Europa League, competizione “casualmente” vinta nelle ultime due occasioni, e con prestazioni scintillanti del colombiano. à un attaccante pienamente maturo pagato quasi quanto un giovane campioncino destinato a diventare un fuoriclasse (per esempio una decina di milioni meno di Hazard, se la memoria non mi inganna), ma se non è certo il miglior investimento per il futuro, si può dire che sia una solida scommessa per il presente, un’altra fase 1 come nel caso di Mihajlovic. Non colui che ci farà fare il salto di qualità , ma quello che ci farà crescere durante il cammino. C’è poi da considerare il lato umano del giocatore: è molto semplice usare la gettonatissima carta delle sue umili origini (fino a pochi anni si manteneva facendo il pescatore, il bigliettaio e l’autista di autobus), ma quel che se devo essere sincero mi ha aperto il cuore è stato vedere lui e amici giocare a calcio con delle tarocchissime magliette del Milan tutte con appiccicato sopra un posticcio numero 70, quello scelto per la prossima stagione (che ricorda un po’ troppo Robinho, ma soprassediamo). à una stupidaggine, un semplice dettaglio, ma che mi ha colpito e mi ha fatto venire voglia di abbracciarlo. Ancora non l’ho sentito parlare, ma già mi pare un perfetto cacciavite, una persona semplice, senza fronzoli, seria e determinata. Insomma, il contrario di chi – fatti salvi errori gestionali e comunicativi della società – è uso rimangiarsi la parola data, e mi riferisco a Jackson Martinez. Forza Carlos!
Felice per l’arrivo di Josè Mauri, furetto che chissà perché è stato definito da qualcuno (non ultimo Serafini) come il nuovo Mascherano. à molto giovane, ma dopo un anno quantomeno probante come quello appena passato potrà già essere utile alla causa, con pazienza e tranquillità , senza troppe pressioni. Giovane è anche Romagnoli, uno dei migliori difensori centrali dell’ultima stagione di A, e a 20 anni scarsi. Si parla molto della sua valutazione sicuramente esagerata per le sue qualità attuali, ma a mio modo di vedere è pienamente giustificata da diversi fattori. In primis dalla sua età : 30 milioni per un 20enne sono un bel rischio, ma a quell’età si pagano soprattutto le potenzialità , e lui ne ha da vendere. In secondo luogo dal suo ruolo: in Europa di centrali che avrebbero giocato titolari in squadre di alto livello quindici anni fa ce ne sono pochissimi, forse non stanno neanche sulle dita di una mano. Romagnoli non è ancora uno di questi, ma se riuscisse a confermare le aspettative che in molti (compreso il sottoscritto) nutrono su di lui potrebbe diventare uno dei migliori interpreti del suo ruolo in Europa, e per molti anni. Terzo, ne abbiamo disperatamente bisogno. Al momento i centrali (puri o adattati) che abbiamo in rosa si chiamano Paletta, Mexes, Alex, Zaccardo, Zapata e Albertazzi. A parte l’ultimo, i più giovani in quest’elenco hanno 29 anni. Abbiamo un reparto mediamente molto maturo e soprattutto poco affidabile. Un’iniezione di freschezza sarebbe essenziale. Per quanto riguarda il centrocampo invece il nome di Witsel mi intriga, ma il prezzo (quaranta pippi) è veramente esagerato, soprattutto considerando che due ottimi elementi come Clasie e Wijnaldum sono costati complessivamente trentadue milioni. Insomma, non discuto il giocatore, ma credo che con un po’ più di inventiva a quest’ora avremmo potuto avere due elementi di tutto rispetto tra loro complementari e a prezzi assolutamente ragionevoli, per quello che è il mercato attuale. Luiz Adriano: buon attaccante, pagato poco di cartellino ma molto d’ingaggio. Potrà essere utile. El Shaarawy: sono stato un suo fan della prima ora, però le sue prestazioni nelle ultime due stagioni parlano chiaro. Gli avrei dato un’ultima possibilità anche perché credo che sarebbe stato in grado di giocare seconda punta, ma la sua cessione non mi tiene sveglio la notte. In bocca al lupo a Montecarlo e amici come prima. Infine Ibra, l’immarcescibile Ibra. Zlatan è Zlatan. Non azzardatevi a chiamarlo una minestra riscaldata, è piuttosto una frittata fatta con gli avanzi di pasta del giorno prima: una prelibatezza. Punto e a capo.
Finito il mio realismo. Finora è stato fatto qualcosa di buono, siamo incappati in un paio di passaggi a vuoto e qualcos’altro si può migliorare. Ora però ci troviamo in un periodo del mercato in cui non possiamo rimandare la decisione su chi saremo e soprattutto per cosa lotteremo nella stagione a venire, e perché no, anche in quella dopo o quella dopo ancora. La rosa è stata puntellata, adesso servono i pezzi da novanta, almeno un giocatore per ruolo che possano formare una spina dorsale dritta, robusta, resistente. Al momento se rimanessimo così potremmo giocarci l’accesso in Europa League da favoriti, ma se è vero che di soldi ce ne sono ancora, allora è lecito aspettarsi molto di più. Non ancora lo Scudetto, lasciamo perdere i voli pindarici, ma la Champions sì, e possibilmente da secondi classificati. Dopo una partenza singhiozzante e una bella sgasata di energia a giugno, ora bisogna mettere la quarta, la quinta e pure la sesta. Perché siamo il Milan e vogliamo tornare a essere protagonisti.
Fabio
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