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Assediato nel suo fortino, con l’unico sollievo dell’aria condizionata e il conforto di un ufficio legale impegnato a recuperare un filo di Arianna che consenta a venticinque persone di uscire dal labirinto di uno scudetto eticamente piccolo, legalmente ingombrante, politicamente pesante. Le ultime «cannonate» quelle di due giorni fa, quelle che hanno trasformato la querelle in una sorta di regolamento tra ultras, hanno reso più inquieto il presidente federale, Giancarlo Abete. La situazione rischia di andare fuori controllo, di esondare dall’alveo di un confronto durissimo ma comunque ancora civile.
Il peso di questa responsabilità deve averlo avvertito anche Massimo Moratti. I tifosi interisti annunciano una nuova «marcia su Roma».
Appuntamento a via Allegri il 18 di luglio: un atto di sfida non solo a un eventuale ambiente esterno canicolare ma anche a una Federazione che potrebbe decidere di revocare il titolo contestato o, come dice un consigliere federale, non «assegnarlo». Intorno a quel palazzo, uno tra i meno belli della zona, spesso le tifoserie si sono date appuntamento, da quelle del Catania (l’anno del «ripescaggio » in B) a quelle della Lazio. Questa volta la mobilitazione non è sul presente ma sul passato, su un simbolo.
APPELLO -Il timore che il peggio possa essere dietro l’angolo, che la rabbia (più o meno legittima) diventi violenza ha indotto il presidente nerazzurro a far apparire sul sito della società un appello accanto a una grande foto di Facchetti.«Per Giacinto, ricortdiamoci il suo carattere dolce e mai violento. A quello che è successo avrebbe reagito con la sua serena calma. Per Giacinto, comportiamoci come se ognuno di noi fosse una parte di lui, la nostra bandiera. Nessuna reazione eccessiva, solo calma, pazienza e fiducia nella nostra integrità».Parole pesate (in carriera, Facchetti ha subìto una sola espulsione), parole meditate, quelle del presidente, dopo ifurori che hanno preso la mano un po’ a tutti. Una maniera per ricostituire un minimo di rapporti con una Federazione che non ha idee chiarissime sul da farsi, che deve far fronte non solo alle pressioni esterne (inevitabili) ma anche a quelle interne (comprensibili).
Perché se è vero che Abete ha promesso di portare il Consiglio Federale a una decisione condivisa (non può permettersi di restare isolato, non può permettersi di decidere con maggioranze risicate), è anche vero che le diversità di opionini non riguardano solo i consiglieri ma anche le componenti alle spalle dei consiglieri. Divisi gli allenatori, divisi i calciatori, divisi i club di A e quelli di B, non particolarmente granitiche la Lega Pro e i Dilettanti. Prima del Consiglio Federale, la decisione dovranno «condividerla » le componenti. Perché in ballo ci sono rapporti di amicizia e di affari, di vicinanza politica o geografica, di opportunitàprofessionali.
OGGI E DOMANI -Si sentono, i consiglieri federali, come quel portatore di palla sottoposto a pressing asfissiante. Racconta gli umori uno di loro:«La situazione che si è creata è sgradevole. Non è bella la conflittualità tra Moratti e la Federazione. E non è bella la frase di Agnelli a proposito di un Cf che decide di non decidere, una chiarazione di sfiducia a scatola chiusa. Il 18 una decisione uscirà, il 18 questa storia si dovrà chiudere». Si lamenta un altro consigliere:«La Federazione deve uscirne in maniera dignitosa, per il presente e per il futuro ».Spasmodica la ricerca di quel filo di Arianna. Difficile che stia bene a tutti. Perché il confine è netto: di lì i paladini della decisione politica, oltre i formalismi, i cavilli e le interpretazioni sottili che non riescono a mettere d’accordo nemmeno i giuristi; di là i «formalisti», dura lex sed lex, quelli che senza un timbro, una certificazione, un dispositivo non compiono un passo. Dieci giorni sotto assedio: meno male che c’è l’aria condizionata.
Il Corriere dello Sport
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Post Originale:
RASSEGNA STAMPA / Milan: Scudetto 2006, Assediato Abete


