Carles Rexach, ex giocatore ed ex tecnico del Barcellona, si è soffermato in un’intervista a Tuttosport sul cosiddetto “progetto cantera” del Milan e sul modello Barça: “Il primo a imporre il sistema olandese è stato Rinus Michels negli anni ’70. Noi, invece, siamo stati i primi a renderci conto che comprare i migliori giocatori non sempre era sinonimo di vittoria. Prima cercavamo giocatori forti fisicamente. Ora non importa. Grandi o piccoli che siano quello che ci interessa è che abbiano una buona relazione con la palla“.
“Ci sono molti modi di giocare a calcio. L’importante è prendere i ragazzini e farli crescere seguendo un criterio. Sin dai 12 anni. Tutti gli allenatori che si troveranno davanti dovranno sviluppare lo stesso credo calcistico. Nella storia del Milan ci sono persone importanti che sanno come si vince e soprattutto conoscono il calcio italiano. Serve che quattro-cinque di loro lavorino assieme. Ripeto, non è importante il sistema di gioco, ma seguire un criterio fino in fondo. Devono tirare una linea retta e fare quanto meno curve possibili. E non sempre sarà facile. Queste persone devono formare uno staff tecnico e scegliere gli allenatori di tutte le categorie. Bisogna scommettere su un nucleo solido di giocatori che si identifichi con il club e a questo aggiungere qualità. Del resto è anche la ricetta del grande Milan dei tre olandesi“.
“Il progetto cantera fallirà se avranno fretta. Sbagliano se pensano di vincere subito. Ci vogliono almeno cinque-sei anni di formazione in maniera da dar tempo ai ragazzini di 12-13 di arrivare in prima squadra. Oggi il Barcellona ha una rosa eccellente, eppure quando per necessità un calciatore del Barça B gioca con la prima squadra, Messi, Xavi o Iniesta nemmeno se ne accorgono. Messi è un calciatore di livello speciale. Oggi continua a fare quello che faceva da piccolo. In casa Barça, però, ha imparato a mettere le sue enormi qualità al servizio della squadra. Tutti i nostri calciatori sono a disposizione del collettivo“.
“La questione di Bojan è complicata. È un grandissimo calciatore, però ha scelto la realtà più difficile per gli attaccanti: la Serie A. In un calcio che si è sempre contraddistinto per il gioco difensivo, un centravanti fa fatica a sfondare. Certo è che grazie alla nazionale di Prandelli, la situazione potrebbe cambiare e lui trarne dei vantaggi”.
“Il modello Barça una moda? Non credo. Oramai si è capito che è la strada da seguire, si vinca tanto o poco. Durerà per sempre”.
