Siamo tutti sulla stessa barca, ma qualcuno è in crociera

di Riccardo Zavagno

Classifica alla mano, dopo tre giornate di campionato il Milan ha collezionato una vittoria e due sconfitte per lo più rimediate in casa come non accadeva da 82 anni, tre gol fatti e tre subiti, zero gol fatti in casa. Ma il responso del campo è ancora peggiore. Zero gioco, zero idee, zero lucidità, zero condizione sia fisica che mentale. Quando ci avevano parlato di anno zero, certo non si immaginava che il riferimento fosse così esplicito. E quindi spazio ai commenti di chi parla di un Milan da rifondare, di giocatori inadatti, di allenatore inadatto, chi tira fuori gli infortuni di Pato, chi assicura che se c’erano in campo Kakà e Tevez sarebbe stata un’altra storia. Gli unici che forse gioiscono sono i 72 abbonati che hanno chiesto il rimborso. C’è invece una sola verità assoluta che i 90 minuti contro l’Atalanta hanno confermato, se non ulteriormente rafforzato. Tutti i problemi dell’A.C. Milan, e che solo per un attimo i guanti di Agliardi – con tutto il rispetto – avevano tolto dai riflettori, hanno inizio questa estate.

Perché è giusto ricordare che i successi rossoneri del passato erano frutto di solide basi tra cui programmazione e comunicazione, pilastri sui quali proprio in estate si fondavano le conquiste di scudetti e coppe. Ora invece tutto questo è venuto meno e soprattutto la mancanza di comunicazione in primis con i tifosi, aveva fatto maggiormente intuire che le idee non fossero chiare su come la società volesse affrontare questo delicato momento storico dove, crisi economica compresa, ci si trovava di fronte alla necessità di rimpiazzare l’uscita di scena di giocatori che hanno rappresentato un decennio di vittorie in stile Milan. E proprio questo stile, lo stile che ha contraddistinto questi ultimi 26 anni, è stato lasciato in disparte non tanto per i nomi scelti, ma per le incongruenze che si sono verificate tra quel poco che veniva centellinato a parole ed i fatti. Per esempio la gestione di Thiago Silva prima ceduto, poi il ritorno definitivo ed infine la definitiva, questa si, partenza con il carico da 11, leggi Ibrahimović. Tempo dopo la dichiarazione di voler rifondare la squadra con gente giovane per poi scoprire che nella lista c’erano Di Natale e Kakà. Quindi dopo aver venduto Merkel ripiegare su Pazzini e De Jong che non sono certamente freschi di Primavera. Insomma cose non da Milan. C’era proprio la volontà di creare un nuovo Milan, magari con l’idea di inserire in pianta stabile ogni anno dei giovani promettenti cresciuti nel vivaio coadiuvati da buoni giocatori, oppure si è tentato di creare alla meglio un gruppo che potesse affrontare una stagione anonima di transizione? Se si tratta di rifondazione, è stato disegnato l’identikit dell’allenatore più adatto per affrontare una o più stagioni dopo essere ripartiti da zero e poi sovrapposto ai tratti di Allegri per vedere se combaciava?

Perché anche lo sforzo di aggrapparsi alle partenze in campionato di Allegri che per statistica non sono state mai brillanti potrebbe risultare un esercizio fine a se stesso, anzi non vorremmo che la partenza da tenere sott’occhio fosse proprio quella di Allegri. Come ci sono delle responsabilità riconducibili alla società, altrettante sono di natura tattica. Ora che i cardini di ogni reparto sono venuti a mancare appare quanto mai opportuno provare a cambiare l’impostazione della manovra e soprattutto non rimanere ancorati ad un modulo che, appunto in assenza di determinati giocatori, risulta inefficiente. Riproporre Ambrosini non in perfette condizioni fisiche affianco a De Jong è risultato nuovamente un azzardo, oltre che un cambio sprecato in partenza. Per non parlare poi dell’ennesimo impiego dei soliti Emanuelson ed El Shaarawi sempre più relegati al ruolo di jolly e senza dimenticare De Sciglio le cui prestazioni avrebbero meritato più fiducia per un posto da titolare sulla fascia. Appunto fiducia. C’è ancora fiducia tra giocatori ed Allegri, e viceversa? Le parole di Gattuso sui rapporti incrinati dello spogliatoio erano segnali di un’armonia che si era già interrotta tempo fa?

Questi sono i punti di partenza dai quali bisogna cercare di trarre un’analisi lucida ed il meno passionale possibile di questo A.C. Milan, sapendo che un’eventuale vittoria in Champions contro l’Anderlecht servirebbe solo a dare morale limitatamente alla serata, consapevoli che la realtà è un’altra. Anche Ambrosini a fine partita, come già anticipato su questo spazio tre settimane fa, ha usato la metafora “siamo tutti sulla stessa barca” per descrivere il momento che sta vivendo il Milan. Peccato che qualcuno sia in crociera.

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