Un calcio al razzismo

Boa_Razzismo

di Andrea Rubini

Il Trofeo Tim tutto è fuorchè una manifestazione che rimane nella storia. Sfido chiunque a ricordarsi a memoria gli ultimi tre vincitori. Questa edizione poteva essere diversa, e lo è stata. Purtroppo non perchè vede primeggiare tra Milan e Juventus la neo promossa Sassuolo. O meglio, non solo. Questa volta a finire sulle cronache è l’ennesimo, becero, episodio di razzismo. Vittima della situazione, Kevin Constant.

Il razzismo nel calcio non è un fenomeno isolato, sporadico. In Europa ogni anno vengono denunciati un centinaio di episodi. La sola Serie A nella stagion 2011/12 fù protagonista -in negativo- di 28 segnalazioni. Quella del razzismo è una vera e propria epidemia. Lo scorso anno ricorderete l’amichevole di Busto Arsizio terminata per reiterati insulti a Boateng. Fatto ancora più grave fù il comunicato della tifoseria organizzata dello Zenit di San Pietroburgo, dove attraverso il proprio sito internet si dichiaravano contro il tesseramento di giocatori di colore (nello specifico era il francese Yann M’Vila). O i tifosi del West Ham con striscioni e cori nazisti durante la partita con il Tottenham, squadra la cui sede risiede nel quartiere londinese noto per la maggioranza ebraica. Dalle curve si passa ai campi, dove lo scorso anno Suarez e Terry furono coinvolti in questo scandalo.

Contro il razzismo si agisce, ma evidentemente non abbastanza. Si spendono soldi in campagne di sensibilizzazione, in spot televisivi e in slogan, ma il fenomeno non solo non è arginato, ma è in espansione. Occorrono misure drastiche, ma non strumentalizzabili e figlie del momento.

La prima risposta al razzismo la dovrebbero dare i calciatori. Se durante un Milan-Juventus viene fischiato un Constant o un Boateng, i vari Vidal, Ogbonna e Asamoah smettano immediatamente di giocare, sedendosi in campo. Lo stesso discorso vale a parti invertite, per ogni squadra e in ogni situazione, sia chiaro. Quindi sarà l’arbitro a decidere se e come procedere. Un giocatore che abbandona il campo, e la partita prosegue, di fatto avvantaggia la squadra avversaria e la tifoseria ha ottenuto un vantaggio dalla propria azione. Allo stesso modo non avrebbe senso terminare la partita assegnando vittorie a tavolino, in quanto questo potrebbe indurre a strumentalizzazioni, e ricatti verso la società da parte delle Curve che già godono di molti privilegi.

La seconda è la durezza della pena. Una ammenda di 20-30 mila euro a società come Milan, Juventus, Inter ecc… sono irrisorie. Le pene per condotte violente e razziste devono essere molto più salate. Inizino a sanzionare 100 mila euro al primo episodio, e salire esponenzialmente al secondo (250 mila euro). Sono convinto che le varie società si attrezzerebbero maggiormente, implementando sistemi e strategie ben più efficaci che un appello pre-partita da parte dello speaker .

L’azione contro il razzismo deve essere studiata e mirata a combattere il sistema. Non può essere figlia del momento. Ricordate la “guerra alle bestemmie”? Bene, quanto è durata e a cosa è servita? Ad un paio di squalifiche da prova televisiva il primo semestre, e oggi siamo al punto di prima, con Storari che si rivolge alla Madonna per un rigore durante il Trofeo Tim, e il C.T. della Nazionale (e del codice etico) che invoca ” quel porco di suo zio” dopo la marcatura di De Rossi in Confederation Cup.

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