L’imperatore del mercato, per qualcuno. Zio Fester, per qualcun altro (potete dirlo: lui ci ride su). Il portaborse di Arrigo Sacchi, secondo Maradona. Adriano Galliani, di cui si è detto di tutto, è certamente uno dei pochi dirigenti ad avere avuto l’onore di un’imitazione di Teo Teocoli e tra i non molti a contare su una buona dose di video tributi su YouTube, neanche fosse un cantante o un calciatore.
Di certo, per il Milan berlusconiano, è stato qualcosa di più e di altro di un amministratore delegato; un uomo che ha assunto su di sé, de facto, le funzioni più varie, da grande capo a uomo del calciomercato, passando per quelle di tifoso e capro espiatorio, finendo per essere adulato e odiato, amato e preso in giro in una misura spesso eccessiva. Non è un caso che molti milanisti gli rinfaccino quella foto che lo ritrae al Comunale nel 1986, in occasione di un derby di Torino, mentre esprime tutto il suo disappunto per un gol fallito dalla sua Juventus: passione ammissibile per un semplice dipendente del capo, meno per chi ha scelto di calarsi nella parte del dirigente-tifoso, noto per le cravatte gialle portafortuna (indossate con giacca blu, camicia bianca e pantalone grigio scuro) e per le espressioni di giubilo (o per gli insulti ai giocatori) durante le partite del Milan, dall’ingresso in campo a Tokyo contro l’Atlético Nacional di Medellin all’esultanza di Perugia.
Juventino, Galliani lo è stato in gioventù: colpa delle origini geografiche, perché “in Brianza una certa passioncella bianconera è diffusa”. E lui, nato il 30 luglio 1944 da una famiglia della media borghesia monzese, certo non poteva immaginare che un giorno sarebbe stato il Richelieu del calciomercato mondiale, impegnato a trasportare Kakà da una squadra all’altra. Con un padre segretario comunale a Lissone e una sorella, più giovane, che sarà bibliotecaria a Monza, ci si aspetterebbe di vederlo percorrere una onesta carriera nella burocrazia comunale: ma più che la mentalità da rigoroso funzionario del padre, Galliani segue le orme della madre, che gestisce una azienda di trasporti monzese. Dopo il diploma di geometra, passa otto anni a sbrigare pratiche nell’Ufficio di Edilizia Pubblica del Comune di Monza; poi, in un 1975 in cui si candida alle elezioni comunali con la Democrazia Cristiana, dando prova di condividere con l’ambiente circostante anche la fede anticomunista, arriva la svolta. Lascia il lavoro in comune, che gli consentirà di percepire una pensione sociale di 223,83 euro e, indebitandosi e ipotecando l’appartamento in cui vive, con un paio di soci acquista dall’ingegnere svizzero Barbuti una società, l‘Elettronica Industriale.
Non è il primo tentativo imprenditoriale: aveva provato, tempo prima, ad entrare nel mondo dei citofoni (gli andrà meglio, un domani, con i portieri) e a vent’anni aveva rilevato uno stabilimento balneare a Vieste, dove si recava ogni fine settimana con la sua Fiat 500. Ma l’Elettronica Industriale è un’altra cosa: produce antenne, e Galliani ha capito che il futuro è rappresentato non dalla Rai, ma dalle trasmissioni a colori della televisione svizzera e di Capodistria. Il trucco, più o meno, è questo: si acquistano terreni, si montano i ripetitori, si sposta fuori frequenza il segnale della tv svizzera e si vende, ai clienti che vogliono tornare a vederla, il convertitore per riceve quel segnale. Piratesco, certo, ma Galliani sostiene così di aver inventato “la prima pay-tv italiana“.
“Uomo di antenna e di pallone”, si definisce, e tra le due cose lo sport forse è la cosa più importante, come gli fa notare il figlio nel 1998, al momento di rinunciare ad occuparsi di tv per dedicarsi interamente al Milan: “Ogni giorno parli sempre di calcio“. Appassionato fin da piccolo di qualsiasi sport, tra i suoi idoli ci sono il ciclista Ercole Baldini, il treno di Forlì, vincitore del giro d’Italia 1958, e il cestista Sandro Riminucci, nove volte campione d’Italia con la Simmenthal Milano. L’ossessione numero uno, al limite della paranoia, è però il calcio, guardato più che giocato: si accorge, già all’oratorio, di essere un attaccante davvero scarso e, mentre impara a leggere sulla Gazzetta dello Sport, si appassiona al Monza, di cui diventerà tifoso, socio e vicepresidente. Ma ogni partita è quella giusta: a dieci anni, in vacanza ad Arenzano, scopre che a Genova il Secolo XIX trasmette la finale dei mondiali tra Ungheria e Germania su un grande schermo in piazza De Ferrari e la tentazione si rivela troppo forte. Scappa, vede i tedeschi vincere e al ritorno è accolto a suon di botte dai genitori. Se la famiglia non può fermarlo, figuriamoci le donne: a 15 anni, mano nella mano su una spiaggia della Versilia con la prima ragazza, si inventa di dover accompagnare a casa la sorella per precipitarsi al Gallo d’Oro a vedere il secondo tempo di una partita. La ragazza passa poi dal bar e decide di lasciarlo, ma tutto ciò non servirà di lezione: anni dopo, uscito per fare due passi un sabato mattina, incontra alcuni amici e decide di unirsi a loro per una spedizione in Puglia, il cui obiettivo è assistere ad un sicuramente imperdibile Foggia-Cesena. Al ritorno, il lunedì mattina, la moglie lo lascia fuori di casa.
L’interesse per il pallone, che lo tiene spesso attaccato alla tv, tornerà utile. Quando Silvio Berlusconi, il 1 novembre 1979, lo invita a cena ad Arcore, non è certo per discutere di calcio: tra il primo ed il secondo piatto il futuro presidente del Milan decide di acquistare il 50% delle azioni di Elettronica Industriale. Il progetto, fare concorrenza alla Rai con tre televisioni nazionali, viene portato avanti da Galliani, che impara a conoscere la geografia italiana girando cento province e duemila comuni per montare antenne: l’importante, mette subito in chiaro, è poter seguire il Monza ogni fine settimana, sia in casa che in trasferta.
Dopo anni in cui gli acquisti si chiamano Mike Bongiorno, Dallas e Uccelli di Rovo, nel 1986 Berlusconi decide di comprare un Milan allo sbando: ad occuparsene sarà l’allora vice-presidente del Monza. Le prime faccende di cui si occupa Adriano Galliani sono piuttosto prosaiche: saldare i debiti con il salumiere ed il farmacista di Solbiate Arno, che ormai da mesi non vedono arrivare soldi dalla società rossonera. Presto comincia la scalata ai vertici del calcio mondiale: coadiuvato da due direttori sportivi, Braida e Ramaccioni, Galliani comincia a muoversi nel mondo del calciomercato trattando con la Fiorentina l’acquisto di Giovanni Galli e Massaro.
I riflettori, almeno all’inizio, sono sul nuovo proprietario: nel giorno della presentazione della squadra per la stagione ’86-’87, la Fossa dei Leoni canta ‘Berlusconi Olé’ sulle note di God Save the Queen. Ma la strada che porterà i tifosi a cantare “Adriano compraci un campione” un quarto di secolo dopo è già tracciata: Galliani è l’uomo immagine della società, scelto per rappresentare il Milan davanti alle telecamere, e al tempo stesso è quello che informa il padrone, quando questi è occupato altrove ad acquistare tv estere o ad ingaggiare Raffaella Carrà, e che bacchetta Liedholm; ma è anche un mediatore, pronto a difendere Sacchi contro Confalonieri e Paolo Berlusconi come a fare di tutto, lustri dopo, per mantenere in panchina Allegri.
Tra una gita ad Amsterdam per comprare Gullit ed una Lisbona per assicurarsi Rijkaard di fronte ad una folla inferocita, Galliani diventa un uomo potente in tv e nel calcio, uno a cui rivolgersi con l’appellativo Dottore anche in mancanza di lauree (ma a giugno 2013 gli è stato conferito un Master in Strategie per il business dello sport). Non è un caso che, per rispondere alle critiche di Barbara Berlusconi, abbia sottolineato come a Madrid le porte si aprano magicamente di fronte alla sua persona, senza bisogno di appuntamenti. Galliani può: nell’estate del 2009, in una via Turati nel caos per i lavori di ripavimentazione, l’unico tratto completato a tempo record è quello che porta al numero 3, permettendogli di arrivare in auto fino alla sede societaria (l’Espresso parla di Gallianistan). Per accedere a qualche privilegio basta essere vagamente associati al suo nome, come scopre Simona Ventura, ai tempi di Mai dire gol sospettata (a torto) di essere l’amante dell’amministratore delegato: “Mi trattavano con i guanti bianchi, a mensa c’era sempre un posto per me”.
Conoscerlo, anche senza legami amorosi, può essere una fortuna: ne sa qualcosa Lorenzo Tonetti, passato dal lavaggio dei bicchieri a San Siro ad essere il gran capo di Giannino, ristorante quasi ufficiale del Milan, grazie a Galliani; lo sa bene anche Giuseppe Riso, che da concierge di quel ristorante è diventato un rampante procuratore sportivo, agente di diversi giovani rossoneri e tra i bersagli, a quanto pare, del j’accuse di Barbara Berlusconi. Ma l’impero di Galliani non si limita a via Vittor Pisani: innamorato del profumo della resina dei pini dopo la pioggia, l’ad ha portato lo spettacolo che gli riesce meglio, quello del calciomercato, nella Versilia frequentata da bambino; a Forte dei Marmi, tra i bagni Roma Levante, le mitiche zuppa dell’Enoteca e le serate al Twiga, passa le estati scambiando sosia di Muntari e vice-Antonini con il Genoa dell’amico Preziosi, altro elemento non troppo gradito alla figlia del presidente.
Essere l’ad del “club più titolato al mondo”, l’incarnazione del potere calcistico (e del conflitto di interessi, ai tempi della presidenza della Lega Calcio), l’uomo che ha ritirato la squadra a Marsiglia (il suo più grande errore: spiegherà nel testamento), significa però, inevitabilmente, stare antipatico a qualcuno. E quel qualcuno, a volte, è disposto ad andare un po’ oltre: dagli sputi dalla tribuna d’onore dell’Olimpico in un Lazio-Milan del 2002 (ma ad essere centrato è William Vecchi), allo sputo del tifoso palermitano Andrea Perillo, che si scuserà su Sky, ringraziando per non essere stato denunciato. C’è poi chi usa le maniere forti: nel marzo 2009, dopo uno 0-0 al San Paolo, una cinquantina di tifosi del Napoli gli fa passare un brutto quarto d’ora a suon di calci contro l’Audi: “Se i vetri dell’auto avessero ceduto, la situazione sarebbe potuta diventare ben più grave”. Quattro anni più tardi, a Firenze, altri problemi in tribuna vip: c’è un lancio di oggetti, qualcuno che prova ad avvicinarsi, e alla fine interviene il sindaco Renzi a placare gli animi. È un odio che non si ferma a Galliani Sr., ma si estende anche al figlio Gianluca, aggredito alle due di una notte qualsiasi in un ristorante di Portofino da un tifoso interista in evidente stato d’alterazione, deciso a rompere un bicchiere in testa al proprietario di Rock Tv: “Poteva andarmi peggio. Ho portato a casa la pelle ed è la cosa che conta al momento”.
I problemi non sono mancati nemmeno con i tifosi del Milan, che nell’aprile del ’97, ai tempi del Sacchi-bis, sostenevano che avesse “sbagliato tutto prendendo solo decisioni errate“ e che nel maggio del 2002, raggiunta la qualificazione in Champions League, gli intimavano di sfoltire la rosa, “comprare campioni” e “non dire cazzate”. Il peggio arriva nei tardi anni 2000: di fronte alle minacce di alcuni ultras nei confronti dei dirigenti, il prefetto Gian Valerio Lombardi decide di assegnare una scorta a Galliani, che in tribunale si vedrà risarcire 10000 euro per alcuni lanci di torce A San Siro dall’intento intimidatorio. Peccato che, nel dicembre 2008, Galliani si rechi alla festa di Natale nella sede dei Guerrieri Ultras, a festeggiare in compagnia degli stessi che aveva denunciato e da cui la scorta avrebbe dovuto, in teoria, proteggerlo.
Grande inventore di tormentoni tra il geniale ed il kitsch, dai tifosi evoluti alla politica dei mattoncini, dall’enfasi sulla musichetta della Champions League alle canzoni di Renato Zero e Antonello Venditti, usate per salutare Gattuso o accennare ad un ritorno di Kakà, Galliani è un discreto collezionista di matrimoni (finora tre, la seconda moglie dopo il divorzio si è fatta suora laica) e un uomo che ha letto qualche libro, se è vero che ha chiamato la figlia Micol come il personaggio del Giardino dei Finzi Contini e che usava regalare ai giocatori Più grandi dell’amore di Dominique Lapierre.
Qualcuno, Barbara Berlusconi in testa, potrebbe sottolineare, con buone ragioni, gli effetti nefasti della politica seguita da un certo periodo in poi, fatta di parametri zero e ingaggi piuttosto alti: aveva funzionato ai tempi di Tomasson e Cafù, meno negli anni di Traoré. Non si può, d’altra parte, ridurre il suo successo unicamente ai tanti soldi avuti a disposizione in passato: il denaro non si traduce automaticamente in trionfi. Accusato di avere un carattere tutt’altro che facile, come certe risposte ai giornalisti lasciano chiaramente intendere (“La faccia a me qualche domanda”, “Insista, vada avanti così”), sostiene di essere tutt’altro che uno squalo, anzi “una persona mite e buona“, e si paragona ad Ezzelino da Romano, “un cavaliere di ventura del Duecento che gli storiografi definiscono ‘il Terribile’ e invece non lo era affatto”.
Fonti: la Repubblica, la Stampa, il Corriere della Sera, il Foglio, il Tirreno, Capital, l’Espresso, Panorama
©RIPRODUZIONE RISERVATA. È consentita esclusivamente citando la fonte, Canale Milan o www.canalemilan.it
URL breve : http://www.canalemilan.it/?p=115663
NEWS
- 15 dic 17:15 Una vita da Galliani, uomo di antenna e di pallone
- 15 dic 16:55 Il Botafogo vuole rinnovare il contratto a Seedorf
- 15 dic 16:20 Milan, chi ti conviene prendere agli ottavi?
- 15 dic 15:35 Berlusconi a Milanello con Dudù
- 15 dic 15:10 Primavera, Il Milan vince in rimonta con l’Udinese
- 15 dic 14:45 Milan-Roma, i convocati di Garcia
- 15 dic 14:30 Milan-Roma, le probabili formazioni
- 15 dic 14:25 VIDEO – Garcia: “Totti e Destro non sono ancora al 100%”
- 15 dic 14:10 VIDEO – Allegri: “speravo non ci fosse Totti”
- 15 dic 13:45 Garcia: “Il MIlan è forte e a San Siro sarà dura, ma noi andiamo lì per vincere”
- 15 dic 13:45 Milan-Roma, i convocati di Allegri
- 15 dic 13:00 De Rossi: “Se avessimo incontrato il Milan un mese fa sarebbe stato diverso”
- 15 dic 12:35 Primavera: termina 0-0 il primo tempo tra Milan e Udinese
- 15 dic 12:20 Sacchi: “Il Milan è in crescita,Allegri ci sa fare.Galliani il top ma Barbara vuole dire la sua”
- 15 dic 11:55 Matri, con Roma e Inter le ultime grandi chances
- 15 dic 11:15 Mauro: “Il Milan vive di miracoli, al sorteggio Champions tutti sperano di incontrarlo”
- 14 dic 19:55 E se alla fine la spuntasse proprio Saponara?
- 14 dic 19:30 Il Milan fra Campionato e Tim Cup: gli impegni fino al 26 gennaio
- 14 dic 19:05 Prandelli: “Barbara Berlusconi ha grandi capacità, merita di trovare spazio”
- 14 dic 18:35 Ag. Perin: “Mattia al Milan? Per il momento soltanto voci, ma è un’ipotesi che sta in piedi”
- 14 dic 18:10 Il gattopardo siede in tribuna
- 14 dic 17:10 Bonera: “Sono molto lontano da Baresi, in bocca al lupo ad Acerbi”
- 14 dic 16:45 Thiago Silva: “Con me il Milan ha fatto un affare, Kakà ha ritrovato una famiglia”
- 14 dic 15:45 Berlusconi atteso domenica a Milanello
- 14 dic 15:19 Muntari: “In Africa non c’è differenza tra bianco e nero”
- 14 dic 14:45 Strootman: “Cresciuto col mito di Van Basten e Gullit”
- 14 dic 14:10 Lavoro tattico a Milanello
- 14 dic 13:39 Milan su Hernanes, Torino su Amelia
- 14 dic 13:14 Allenamento in corso
- 14 dic 12:44 “Parolo sarebbe un ottimo colpo per il Milan”. Lo dice l’agente fifa Daniele
- 14 dic 12:09 Gervinho: “Del Milan temo tutti. Balotelli fa la differenza”
- 14 dic 11:35 Muntari: “Atletico Madrid più debole, ma vorrei il Manchester”
- 14 dic 11:00 Poli: “In campionato qualcuno di noi pensava di farcela facilmente”
- 14 dic 10:20 Gattuso: “Poli è un trascinatore”
- 14 dic 10:00 Milan-Roma: le probabili formazioni
- 14 dic 9:30 Constant: “Possiamo arrivare fra le prime tre”
- 13 dic 22:20 Balotelli: “In Brasile voglio essere determinante. Sono il numero uno”
- 13 dic 21:55 Balotelli, il gol a San Siro manca dal 22 settembre
- 13 dic 19:30 Ag. Cristante: “Bryan deve giocare, dal Parma nessuna chiamata”
- 13 dic 18:55 Evani: “Milan secondo solo alla Juventus, agli ottavi meglio prendere Bayern o Real”